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Archive for the ‘Antropologia’ Category

Antipolitica o superamento della partitocrazia?

2 ottobre 2012 2 commenti

Si terrà lunedì 8 ottobre, alle ore 17.30, presso l’Auditorium dell’ex Fascianella a San Cataldo, un incontro di studio organizzato dal Centro Studi Cammarata per commemorare il sesto anniversario della scomparsa di mons. Cataldo Naro, che fu tra i suoi fondatori e suo direttore per ben 19 anni, prima di diventare arcivescovo di Monreale. Egli fu anche storico del movimento cattolico tra Otto e Novecento e perciò fu sempre sensibile e attento alle numerose metamorfosi che hanno interessato in epoca contemporanea i partiti in Sicilia e in Italia: le loro forme, la loro ispirazione, le loro aspirazioni, i dinamismi interni in forza di cui si sono via via strutturati, i motivi per cui sono entrati di volta in volta in crisi, sino a trasformarsi o a estinguersi. All’iniziativa collabora l’Associazione De Gasperi, attiva ormai da anni a Caltanissetta.

Tema del dibattito sarà l’attuale crisi dei partiti e della politica in Italia, prendendo le mosse dal volume di recente pubblicazione della filosofa francese d’origine ebraica Simone Weil: “Manifesto per la soppressione dei partiti” (Ed. Castelvecchi). È una breve conferenza, uscita postuma (nel 1950, mentre la Weil era morta già nel 1943), accompagnata dalle riflessioni che all’epoca pubblicarono a corredo due estimatori dell’autrice: i filosofi André Breton e Alain. Il titolo è salutarmente provocatorio, anche se dev’essere calibrato dentro la temperie culturale e politica degli anni a cavallo fra i Trenta e i Quaranta del XX sec., quando in Europa imperversavano i totalitarismi d’ogni marca e orientamento.

In realtà gli organizzatori del dibattito vogliono problematizzare l’affermazione formulata nel titolo del libro della Weil, consapevoli peraltro che occorre storicizzare quella sua proposta e riflessione, ormai datata al 1940, anno in cui la filosofa – nel frattempo avvicinatasi al cristianesimo e soprattutto alla figura di Cristo – si poneva in aspra polemica col comunismo stalinista, ormai rassegnandosi a fuoriuscire del tutto dal partito comunista francese di cui pure era stata militante. La Weil intendeva contestare le forme-partito che nell’Europa dell’epoca si lasciavano ipotecare, nel loro strutturarsi ed organizzarsi, da istanze e mire totalitaristiche. Giocavano un ruolo, in questa sua scelta, tanti elementi, non ultimi la sua consapevolezza intellettuale e filosofica, che la faceva anelare alla verità, e la sua sensibilità “cristica” e “cristologica” (se non ancora cristiana, per lei ch’era ebrea), che la faceva “parteggiare” per la giustizia. Verità e giustizia sono gli ideali nel cui nome la Weil polemizzava contro i partiti del suo tempo, scrivendo cose che tuttavia mantengono ancor oggi interesse e persino attualità. Storicizzando quanto basta e quanto necessita questo suo scritto, oggi si potrebbe riflettere sulla crisi dei partiti, sui guasti della partitocrazia, sul bisogno di rinnovare i partiti stessi, magari riprendendo alcune intuizioni della Weil: il “totalitarismo” (o tornacontismo delle poltrone) come “peccato originale” d’ogni tipo di partito; i partiti per la democrazia e la democrazia nei partiti; la necessità che il corpo elettorale esprima una scelta reale sulle persone e non solo sui partiti; la necessità che il corpo elettorale esprima il suo parere e la propria preferenza in ordine ai programmi da realizzare e non solo alle persone da eleggere; l’opportunità di limitare al massimo la faziosità partigiana per lasciare il passo alla cospirazione per il bene comune; il riferimento a valori “trascendenti” le mere dimensioni storiche e i meccanismi di potere che in esse imperano. Come si vede, sono tutte questioni delicate anche oggi e anche per noi.

I relatori saranno l’on. Savino Pezzotta (deputato nazionale, invitato nella sua qualità di presidente della Costituente di Centro, perciò come uomo politico che si sta interrogando sulla possibilità di rinnovare i partiti d’area moderata e centrista o di creare addirittura un qualche nuovo partito); il gesuita Gianni Notari (che fino all’anno scorso dirigeva a Palermo l’Istituto di formazione socio-politica “Pedro Arrupe” e che ora lavora a Catania, occupandosi anche di comitati civici e di realtà affini); il giornalista Paolo Liguori, direttore della testata Mediaset “Tgcom”, attento osservatore dello scenario politico attuale.

La speranza degli organizzatori è che, in questo tempo di diffidenza e di disgusto per la politica manovrata dai partiti, in molti – non solo militanti nei partiti vecchi e nuovi o candidati alle elezioni, ma anche persone animate da una sana passione per il bene comune – accettino l’invito a ragionare insieme più che a protestare rabbiosamente, a confrontarsi con serenità e intelligenza sulla possibilità di impegnarsi in vista di un reale rinnovamento e a distinguere una buona volta tra la sterile antipolitica e l’urgente superamento della partitocrazia.

Massimo Naro

Parla come feisbuc

19 settembre 2012 1 commento

teologia postmodernista dell’ebraismo

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Una celebre battuta da un film cult di Sordi, una prepotenza classista ipocritamente ammantata di motivazioni religiose, diviene compito politicamente scorretto e declinata negl’innumerevoli accenti delle parlate regionali. Il caso poco serio di un certo cattolicesimo identitario che fatica a chiudere i conti con i propri pregiudizi.
  • COMPITO ASSEGNATO A TUTTI GLI AMICI FB DA FARE ENTRO 24 ORE.
    Qui ognuno di voi ha il dovere di scrivere nel proprio dialetto stretto la seguente frase che io riporto in italo-romanesco:
    “tu sei giudeo e i tuoi antenati falegnami hanno fabbricato la croce dove hanno inchiodato nostro signore Gesù Cristo… posso essere ancora un po’ incazzato pe’ sto fatto?”
    • 2 persone piace questo elemento.

      • Antonio Margheriti Mastino ALTO SALENTO (BRINDISINO)
        Tu sinti ebbreu e l’antenati tua falegnami è nu fabbricatu la croci do è nu ppuntatu nuestru siggnori Gesùcristu… pozzu essiri ncora nu picca ncazzatu pi stu fattu?
        7 settembre alle ore 2.55 · Modificato · Mi piace · 1
      • Antonio Fumarola GALLIPOLINO [sui generis, salento medio-occidentale]: teve sinti sciutèu,li nanni toi falignàmi frabbacàra a croce addru fòe nchiuvàtu nostru signore Ggesucristu. pozzu stare ncora moi nnu picchi rreutatu ppe stu fattu?
        7 settembre alle ore 2.54 · Modificato · Mi piace · 2
      • Antonio Fumarola ps. sta traduci in tutti i dialetti u marchese nto?
        7 settembre alle ore 2.49 · Mi piace · 1
      • Giacix Oshimaru Torchia CALABRESE ( MIGLIERINESE) Tu si nu bbreu e lli fhalignami catananni tua hanu fhattu a cruce nduve hanu mpittu nuastru signure Gesù Cristu, …. puazzu essere ancora n’ugna ncazzatu ppe stu fhattu?
        7 settembre alle ore 2.50 · Mi piace · 1
      • Marino Pagano BITONTINO (Bitonto, prov. Bari)… “Tiue si nnu ebbreje e re tataranne tijue, meste d’ascje, jonne congérteute la crauce adoue jonne ‘mbaleute Gesù Crist… posséche jesse angour nu picche inguartéute pe ‘stu fatte?”
        7 settembre alle ore 2.50 · Mi piace · 2
      • Jack Candle ARETINO: Tu ssei giudeo e i tu antenati falegnami han fabbricato la croce ndo hanno ‘nchiodato nostro Signore Gesù Cristo, poss’essere ancora un pò ‘ncazzato pe sto fatto?
        BITURGENSE : tu sè giudeo e i tu antenati han fabricheto la croce nd’hanno nchiodèto nostro Signore Gesù Crishto, poss’essere ‘ncora ‘npò ‘ncazzato pe sto fatto?
      • Jack Candle Sto pezzo del marchese m’ha sempre fatto schiantare dal ridere , con l’ebreo aronne piperno,,,ahah
      • Montgomery Scott LIGURE (Levante Savonese): Ti t’è in giudeu, e i tö vexi ch’ean banchè han miss’insemme à cruxe dande han ciavö u nostru segnù Gesù Cristu… Possu aveighe ancun u belin inversu pe sta facenda?
        7 settembre alle ore 4.05 · Mi piace · 1
      • Luca Dombré Mi è concesso di dire che ancora non ho trovato un motivo convincente per avercela con gli ebrei in quanto tali prettamente riguardo la loro responsabilità di carnefici di Nostro Signore? Potrei capire per via dell’essersi fossilizzati nella cocciutaggine farisaica di non volerLo riconoscere come l’Unto, ma per via della Croce non capisco. Anche perché la logica di ciò quale sarebbe? Che, per non volere loro male per tale responsabilità, ci dovremmo augurare che non Lo avessero mai portato sulla Croce? Vade retro, Satana! Egli è venuto al mondo proprio per morire. L’auspicarsi che potesse essere andata diversamente puzza parecchio di zolfo; senza aggiungere che la mano che Lo inchiodò è quella degli uomini di ogni tempo, la mia, la vostra. P.S.: al di là della citazione di Sordi, dico pe’ davero.
        7 settembre alle ore 16.15 · Modificato · Mi piace · 1
    • Riccardo Martìn Balello VENETO-PAVANO (traduzione libera): “Tì te si un judio e i to veci gà tirà sù a croxe pà inciodare nostro Siore… poxo essare uncora inveenà pà sto fatasso?”
    • Gianbattista Pasinetti Il bergamasco non è tutto uguale: a seconda della valle ci sono differenze. Da me si dice così:
      “Te ta sè Giudeo e i to écc frèèr ià fài sö la cruus ‘ndo ià inciudaat ol nost Signuur Gesù Cristo. Pöde es amò ‘npo gnécch per chésto?”
      In ogni caso penso che quella croce l’abbiamo costruita tutti e purtroppo ne costruiamo sempre di nuove. :-/
      7 settembre alle ore 13.50 · Modificato · Mi piace · 1
    • Francesco Mastromatteo nel barese il falegname è u meste d’ascje, non c’è storia
      7 settembre alle ore 9.44 · Mi piace · 1
    • Vincenzo Scarpello SALENTINO MEDIANO: Tie sii sciudeu, e li mesci falignami avi toi ficera la Cruce addhru nchiuara nosciu Signure Gisù Cristu. Pozzu sta ‘ncora nnu picca scujunatu pe’ quistu?
    • Marco Massara Ferrari Calabrese reggino della piana (cinquefrondese): tu si n’ebreu, e l’avi toi fallignami nci ficiaru a cruci aundi crucifissaru a lu Signuri; pozzu mu sugnu ancora ‘ncazzatu pe stu fattu?
    • Riccardo Rodelli Grande Albertone: Tie sinti nnu rrabbinu, l’antenati toi hannu fattu la cruce a ddu hannu nchiuatu nostru Signore Gesù Cristu, possu essere ncazzatu pe quistu?
    • Filippo Giorgianni SICILIANO (del messinese): “Tu sì ebbreu e i tò antnati – la “e” si sente e non si sente – faliggnami ficiru a cruci unni ‘nchiudaru nostru Signuri Gesù Cristu… Pozzu essiri ancora na picca ncazzatu pi stu fattu?”
      7 settembre alle ore 12.30 · Mi piace · 2
    • Marco Mancini AQUILANO: Tu sci ebbreo, e ji falegnami antenati té fecettero la croce addò hanno ‘nchioàtu Nostru Signore Ggisù Cristu. Pozzo stà ancora nu pocu ‘ncazzatu pe quesso? (ovviamente, questa è la versione più “semplice” dal punto di vista lessicale)
      7 settembre alle ore 12.44 · Mi piace · 1
    • Michele Gaslini Lombardo occidentale: ti te set voeun di Giudee, i to pader marangoun l’hann fà la Crous in doue l’è stà incioudaa el nost Schour Gesù Crist, poeudi vess ammò ‘n cicinin inversaa per chel robb chi?
      7 settembre alle ore 22.03 · Modificato · Mi piace · 2
    • Giampiero Tre Re Attia! Jureu puru tu si’, comu ‘u Signuruzzu, ‘a Bedda Matri, u Santu Patriarca San Ciusippuzzu travagghiaturi e tutti i megghiu santi ru’ Paraddisu? Veni ‘cca, rammi ‘na vasata, ca puru iu c’i chiantavu i chiova ‘o Signuri!
      7 settembre alle ore 13.50 · Mi piace · 1
    • Matteo Scalise Tu si n’ebbreu e l’antinati tua fhalignami hannu fravicatu a cruci dove m’ppindirunu nustru signuri Gesù Cristu. Puazzu essari ancora nu pocu n’cazzatu pì stu fattu?. Dialetto calabrese centro meridionale della zona di LAMEZIA TERME (CZ).
      7 settembre alle ore 14.08 · Mi piace · 1
    • Angela Aiello Tu sci giudeu e l’antenati tua falegnami ha favricatu la croce do ha ‘nghiodatu lo Signore noshtro Gesù Crishtu… putriu esse ‘ngora ‘nmoccò ‘ngazzatu pè shtu fattu ? Dialetto marchigiano del fermano
      7 settembre alle ore 16.33 · Mi piace · 1
    • Giovanni Santucci Assisi (Umbria): “tu se’ giudeo e ‘i antenate tue ‘on fatto la croce do’ ‘onno ‘nchiodato nostro Signore Gesù Cristo. Poss’esse ‘ncora ‘npo’ ‘ncazzato pe’ sto fatto?”
      7 settembre alle ore 22.06 · Mi piace · 3
    • Michelangelo QuisutDeus Rubino Può essere pericoloso, e in alcuni casi una semplificazione quasi criminale, affermare in continuazione che gli Ebrei hanno ucciso Cristo. Ma è certo che sarebbe non solo una semplificazione, ma addirittura una falsificazione, suggerire che l’unico ebreo coinvolto fosse l’ebreo che venne ucciso.
      (G.K.Chesterton)
    • 8 settembre alle ore 1.04 · Mi piace · 1
    • Giampiero Tre Re Con tutto il rispetto per Chesterton, costui ha detto anche cose più intelligenti. “Gli ebrei hanno ucciso Gesù Cristo” non solo è proposizione semplicistica e falsa ma soprattutto antistorica, perciò in sé priva di senso. Una lettura veramente rispettosa del racconto evangelico autorizza a dire solo che Gesù fu condannato in un processo farsa per lesa maestà, sullo sfondo di lotte dottrinali tra svariate fazioni politico religiose giudaiche (farisei, sadducei, zeloti, esseni, discepoli di Giovanni, erodiani…) alle quali Gesù partecipò attivamente a capo di uno di tali gruppi. Pertanto perfino non ebrei, come Pilato, giocarono un ruolo non secondario, ed Erode, che non era ebreo ma edomita.
    • Antonio Margheriti Mastino “alle quali Gesù partecipò attivamente a capo di uno di tali gruppi.” FALSO! FALSISSIMO!
      (ma non è questo il tema dello stato fb, non cominciamo col parlare di “buoi” e poi buttarla in “cornuti”.
      8 settembre alle ore 1.20 · Mi piace · 5
    • Antonio Margheriti Mastino rilassateve ogni tanto!
      8 settembre alle ore 1.20 · Mi piace · 1
    • Michelangelo QuisutDeus Rubino però sono curioso. Quale sarebbe la fazione di Gesù?
      8 settembre alle ore 1.21 · Mi piace · 1
    • Antonio Margheriti Mastino provo ad anticiparlo: “un gruppo di skinhead”
      8 settembre alle ore 1.26 · Mi piace · 2
    • Montgomery Scott Non so perchè, ma non ce Lo vedo insieme ai 12 a bere birra cantando “Fuhrer Fuhrer” durante l’ultima cena.
      8 settembre alle ore 1.31 · Mi piace · 4
    • Michelangelo QuisutDeus Rubino …soprattutto mi è parso di capire che Gesù sia morto semplicemente perchè si è trovato nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, al centro di una banale disputa politica
      8 settembre alle ore 1.32 · Mi piace · 1
    • Antonio Margheriti Mastino No: è morto notoriamente di broncopolmonite. Poi si è svegliato: era solo una crisi catatonica (morte apparente). Siccome la cosa era imbarazzante, l’hanno fatto subito fuori e ne hanno occultato il cadavere, che se cerchi bene con gli archeologi lo ritrovi pure. Non fosse che è solo un mito e non è mai esistito. Era una leggenda metropolitana del Basso Impero, datosi che i romani allergici al lavoro s’addivertivano a cazzeggià alle terme. CREDO DI NON AVER TRALASCIATO NULLA DELLE MAGNIFICHE E PROGRESSISTE “SCOPERTE” DEL TEOLOGO “AGGIORNATO” E AL QUALE NON GLIELA FAI SOTTO IL NASO.
      8 settembre alle ore 1.42 · Mi piace · 5
    • Montgomery Scott Non erano state le scie chimiche ad ucciderlo, mentre tentava inutilmente di fermare HAARP?
      8 settembre alle ore 1.42 · Mi piace · 3
    • Francesco Mastromatteo Gesù è stato ucciso perchè una parte del popolo ebraico, capi e popolo, istigata da Satana, si è rifiutata di riconoscere in Lui il Messia, nonostante molti di loro sapessero chi fosse avendone ricevuto anche prove inconfutabili. I loro discendenti, in quanto seguaci del loro rifiuto, sono oggettivamente correi da un punto di vista morale, anche se soggettivamente ciascuno verrà giudicato a seconda della propria buona fede o meno.
      8 settembre alle ore 1.49 · Mi piace · 3
    • Francesco Mastromatteo questa dottrina però non può portare un cristiano ad odiare gli Ebrei semplicemente perchè l’odio è anticristiano e Cristo in persona li perdonò sulla croce. Ma la peggiore forma di antisemitismo sarebbe non pregare per la loro conversione
      8 settembre alle ore 1.51 · Mi piace · 5
    • Antonio Margheriti Mastino Ma la loro punizione l’hanno ricevuta: quegli ebrei lì, si estinsero 130 anni dopo la resurrezione di Cristo. Quel che venne dopo è altra cosa: è il rabbinismo, che nulla quasi c’entra con gli ebrei nei quali era nato Cristo e fra i quali aveva trovato il grosso dei suoi adepti, come pure i suoi persecutori e giustiziatori.
      8 settembre alle ore 2.03 · Mi piace · 5
    • Giorgio Tumminello Tu sì judiu e i to avi falignami ficiru na cruci unni inciuarunu u nostru Signuri Jesu Cristu…pi chistu puossu stari incazzatu ancora ora . “dialetto ibleo
    • Andrea Virga Essendo di origini miste, non conosco il dialetto.
    • Luca Armato ti sei in judeu e toi paii i lan fabbricau a crusce in cui u lan inciodau nosciu segnu jesu cristu ha su ancu arragia pe questu
    • Giampiero Tre Re Non credi tuttavia, Margheriti, che la curiosità di “Chi come Dio?”, che vorrebbe sapere quale fosse la fazione di Gesù, sia legittima e meriti d’essere soddisfatta? Una premessa di metodo, prima di rispondere: le proposizioni sulla responsabilità collettiva degli ebrei e dei loro discendenti sulla morte di Gesù sono affermazioni teologiche. Devono quindi non contraddire la testimonianza dei vangeli e in generale del Nuovo testamento anche sotto il profilo della storicità dei fatti ivi narrati. Che anche non ebrei abbiano partecipato alla morte di Gesù, non mi è stato contestato e neppure che esistesse una lotta intestina negli ambienti politico religiosi del giudaismo palestinese ai tempi di Gesù. Non credo di poter essere contestato, vangeli alla mano, se aggiungo che non tutte queste correnti, come i discepoli di Giovanni e alcune frange dei farisei, erano necessariamente ostili a Gesù.
      Gesù era a sua volta a capo di una di tali fazioni? Questo mi è stato contestato; ma ci sono parecchi passi neotestamentari che lo lasciano pensare, o meglio, autorizzano a credere che Gesù, il gruppo degli apostoli e dei discepoli apparissero alle autorità religiose del tempo come una setta o fazione tra le altre. Mi riferisco in particolare alla famosa sentenza di Gamaliele, riportata in Atti 5,35-39, in cui il più autorevole rabbino del tempo stabilisce un’analogia tra Gesù, Teuda e Giuda il Galileo, due sovversivi, questi ultimi, portatori di un messianismo di tipo politico.
      Naturalmente il discorso andrebbe ampliato, ma nessun antisemitismo si può fondare sul nuovo testamento, oltre che per il motivo, già addotto da Mastromatteo, della carità e riconciliazione universale predicate da Cristo, anzitutto perché contraddice la verità storica documentata dagli stessi vangeli.
      @Michelangelo, da un punto di vista strettamente storico Gesù non fu una vittima inconsapevole e inerme travolta dal caos politico-religioso del suo tempo, né un fanatico suicida, ma un rabbi che prese liberamente un’iniziativa e si sacrificò fino alla fine per la dottrina che annunziava, consapevole dei rischi mortali cui andava incontro e che puntualmente si concretizzarono.
      Una domanda a Mastromatteo: perché il peccato dei giudei dovrebbe trasmettersi ai loro discendenti secondo la carne e non il perdono ottenuto dal giudeo Gesù attraverso i suoi discendenti secondo la Grazia?
    • Francesco Mastromatteo non è assolutamente un discorso di “carne”, nulla potrebbe essere più estraneo rispetto al cristianesimo, che non crede certamente a tare “razziali”. Il discorso è di ordine morale e si sostanzia in questo: davanti alla venuta di Cristo, occorre schierarsi: o lo si riconosce come il Messia, o no. Un ebreo, se aderisce alla sua fede, non può che riconoscere come giusta l’uccisione di Cristo, visto dai suoi avi come uno squallido impostore che proclamandosi figlio di Dio aveva proferito la più grande bestemmia che si potesse udire in Israele. Quindi ne è moralmente correo, alla stessa stregua di un uomo che non rinnegando un crimine commesso dai suoi avi, implicitamente li giustifica. Un ebreo potrebbe dire in buona fede ” fossi vissuto allora non avrei riconosciuto Cristo come Messia, ma nemmeno lo avrei ucciso”? Sì, ma sarebbe una contraddizione, visto che per la legge del tempo, un simile atto blasfemo andava punito con la morte. O si è “garantisti” verso Cristo o si è ebrei coerenti, tertium non datur. Per cui, oggettivamente un circonciso ebreo, nella misura in cui appartiene a quella religione, va considerato moralmente correo del deicidio, ma poi, soggettivamente, verrà giudicato nel suo foro interno. Il perdono, com’è noto, non cancella la colpa, ma non ci autorizza ad odiare gli Ebrei, per i quali possiamo solo pregare, anche quando combattiamo gli effetti secolari del loro rifiuto di credere in Cristo, ovvero il suprematismo talmudico che in politica diventa sionismo razzista.
      8 settembre alle ore 19.47 · Mi piace · 1
    • Giuliano Quarto sono d’accordo in parte su quanto detto sopra. il sionismo razzista è stupido. nel mondo dello spettacolo è fortemente presente ed incide con dei gran coglioni tipo woody allen, gad lerner, moni ovadia per citarne due-tre.
      gran rispetto per il popolo di israele (soprattutto attuale) e per l’ebraismo serio.
      non dimentichiamo che il cristianesimo è nato comunque anche grazie all’ebraismo (paradossale ma così)
    • Francesco Mastromatteo c’è poi la questione posta dal Mastino, ovvero il fatto che dopo la distruzione del Tempio, e la conseguente diaspora, l’ebraismo ha perso i caratteri che lo rendevano ancora una religione mosaica, fondata sul sacrificio, per diventare un’appartenenza legalistica, fondata sul Talmud. Nei primi decenni dell’era volgare cristiani ed ebrei ancora si ritrovavano nelle sinagoghe per pregare. Nell’alto Medioevo, ancora la Chiesa teneva in una certa considerazione l’ebraismo, che era l’unica religione riconosciuta al di fuori del cristianesimo. Sinagoghe sorgevano ovunque indisturbate in Europa. L’atteggiamento di progressiva ghettizzazione è andato di pari passo con una chiusura spontanea degli Ebrei, che ha coinciso con l’abbandono della vecchia fede mosaica per la nuova talmudico-rabbinica, tant’è che alcuni Papi facevano bruciare il Talmud, com’è scritto in alcune bolle, “per tutelare l’antica fede giudaica”. Sono stati gli Ebrei, in un certo senso, a “tradire” sè stessi e le proprie origini, optando per una fede secolare basata sulla supremazia della mera discendenza carnale. Oggi infatti se si chiede a cento rabbini di definire l’ebraismo, probabilmente daranno cento risposte diverse, ma tutti concorderanno nel dire che è ebreo chi può dimostrare di essere figlio, o nipote di un’ebrea. Il legalismo talmudico ha generato il suprematismo politico-razziale sionista, che per l’ebraismo tradizionale suona come una bestemmia: solo il Messia può ripristinare il regno di Israele. Quanto più l’ebraismo tornerà alle sue radici spirituali bibiliche, tanto più potremo tornare a vederli come “fratelli maggiori”, ai quali porre la domanda evangelica: chi credete che Egli fosse?
      8 settembre alle ore 19.59 · Mi piace · 1
    • Giuliano Quarto grazie Francesco concordo su tutto. era proprio quello a cui mi riferivo
    • Francesco Mastromatteo chi ne volesse sapere di più, può cercare gli scritti di Israel Shahak, un ebreo sopravvisuto alle persecuzioni naziste, docente di chimica in Israele, che ha passato la vita a denunciare i crimini sionisti, evidenziandone le radici talmudiche: http://www.disinformazione.it/storia_ebraica.htm.

      disinformazione.it

      Storia ebraica e giudaismo di Israel Shahak
      8 settembre alle ore 20.04 · Mi piace · 1
    • Giampiero Tre Re “Un ebreo, se aderisce alla sua fede, non può che riconoscere come giusta l’uccisione di Cristo”. E’ la premessa da cui lei parte, caro Francesco Mastromatteo, che inficia tutto il suo ragionamento successivo. Basterà ricordare come moltissimi ebrei hanno riconosciuto Cristo come Figlio di Dio partendo proprio dal mirabile compimento che la parola, la morte e resurrezione di Cristo realizza dell’ebraismo. Mi limito a citare S. Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1998, ebrea convertita senza mai sentirsi costretta a rinunciare al proprio ebraismo. Certo non fu facile: anche lei passò per il camino.
      Prevengo la possibile obiezione che anche i santi possono sbagliarsi, ricordando che le Scritture, invece, sono infallibili. E allora citerei Matteo 5,18 ma ancora più appropriatamente la figura di Giovanni il Battista, campione dell’ebraismo veterotestamentario, il primo a riconoscere in Gesù l’agnello di Dio, o la Trasfigurazione (Mt 17,13) in cui i fondatori dell’ebraismo, Mosè ed Elia, conversano con Gesù “della sua imminente dipartita a Gerusalemme” (Lc 9,31). Del resto la descrizione che ci vien data di Gesù nei Vangeli e la lettura di ogni buon ebreo libero da pregiudizi è quella che riconosce in Gesù un rabbi e un fratello giudeo osservante (Gv 8,46). Se fosse vera la sua premessa, Francesco, si arriverebbe all’assurdo che Gesù stesso dovrebbe avere approvato la propria condanna. La condanna di Gesù non fu dovuta come lei è costretto a concludere, dalla falsità della religione di Caifa, ma dalla sua (di Caifa) personale malafede e dalla manipolazione del processo. O dobbiamo sostenere che Hanna e Caifa fossero veri ebrei e d’Arimatea e Nicodemo no? Infatti, anche in seno all’élite dell’ebraismo, il Sinedrio, non mancò chi difese Gesù.
      Lei stesso, caro Francesco, ricorda che in tutto il Medioevo per la Chiesa l’ebraismo era “l’unica religione riconosciuta al di fuori del cristianesimo”. Ma ciò è in aperta contraddizione con la sua premessa (se n’è accorto?).
      Ma forse lei vuole dire che se un ebreo aderisce al giudaismo talmudico-rabbinico allora non può che riconoscere come giusta l’uccisione di Cristo? Ma che c’entra allora l’antisemitismo con l’accusa di deicidio e la discendenza e gli avi ecc. visto che tra la condanna di Gesù e la stesura scritta del nucleo più antico del talmud passano duecento anni? Di fatto non si fa menzione del Talmud nei vangeli e non è in nome del Talmud che Gesù fu condannato.
      Se il discorso, come lei stesso dice, Francesco, ” è di ordine morale” allora parliamo comunque di un giudizio su scelte personali, non di una religione come tale. Infatti, continua lei, questo discorso si “sostanzia nello schierarsi pro o contro Cristo”. Ma l’antisemitismo colpisce gli ebrei in quanto collettività, non come singoli, anche chi questa scelta personale formalmente contro Cristo non l’ha fatta.
      Ancora: nel secondo dei suoi ultimi due commenti lei si riallaccia ad un’affermazione erronea di Mastino, il quale sostiene, a detta sua, Francesco, che dopo la diaspora “l’ebraismo ha perso i caratteri che lo rendevano ancora una religione mosaica, fondata sul sacrificio”. In realtà, conseguente alla distruzione di Gerusalemme nel 70 è la fine del culto del tempio, non delle liturgie familiari, pure di tipo sacrificale, che sono quelle che propriamente risalgono a Mosè, ed ancor prima ai patriarchi. Ne consegue che il sacrificio di Cristo sulla croce ha abrogato il tempio, non la religione ebraica e tanto meno la Torah. Tant’è vero che sia la liturgia familiare dell’offerta del pane e del vino che le Sacre Scritture sopravvivono nella prassi liturgica trasmessa da Cristo agli apostoli fino ai nostri giorni.
      Infine: l’argomento teologico insormontabile contro qualsiasi antisemitismo o razzismo di ogni risma e tipo è che nessuna potenza o volontà mondana di peccato può prevalere sulla divina volontà di perdono universale, manifestata nella morte e resurrezione di Cristo: “Non c’è più né giudeo né greco”. Solo Cristo.
      Un abbraccio. Giampiero.
    • Francesco Mastromatteo non capisco come si possa considerare ebreo uno che si è convertito… gli apostoli, Maria Vergine, Teresa Benedetta della Croce hanno smesso di essere ebrei, sono diventati cristiani… e trovo veramente assurdo tirare in ballo lo spettro dell’antisemitismo in un discorso teologico, visto che è antisemita chi attribuisce determinati caratteri negativi a una presunta razza ebraica, un discorso che non c’entra nulla con la religione (a parte che il termine è improprio, visto che semiti sono anche gli arabi). Sul resto le rispondo domani
      9 settembre alle ore 2.28 · Modificato · Mi piace · 1
    • Francesco Mastromatteo “Un ebreo, se aderisce alla sua fede, non può che riconoscere come giusta l’uccisione di Cristo”. E’ la premessa da cui lei parte, caro Francesco Mastromatteo, che inficia tutto il suo ragionamento successivo. Basterà ricordare come moltissimi ebrei hanno riconosciuto Cristo come Figlio di Dio partendo proprio dal mirabile compimento che la parola, la morte e resurrezione di Cristo realizza dell’ebraismo. Mi limito a citare S. Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1998, ebrea convertita senza mai sentirsi costretta a rinunciare al proprio ebraismo. Certo non fu facile: anche lei passò per il camino.”Come dicevo ieri c’è una bella differenza tra un ebreo che riconosce Cristo e uno che non lo fa… i santi che si sono convertiti, hanno abbandonato i rami ormai secchi dell’ebraismo per innestarsi sull’albero della rivelazione definitiva compiuta con il Nuovo Testamento. Se poi lei pensa che un ebreo si possa salvare a prescindere dalla sua adesione a Cristo, solo sulla base della sua circoncisione, allora mi chiedo che differenza ci sia nell’essere ebrei e cattolici, e che necessità ci sia di convertirsi…“Prevengo la possibile obiezione che anche i santi possono sbagliarsi, ricordando che le Scritture, invece, sono infallibili. E allora citerei Matteo 5,18 ma ancora più appropriatamente la figura di Giovanni il Battista, campione dell’ebraismo veterotestamentario, il primo a riconoscere in Gesù l’agnello di Dio, o la Trasfigurazione (Mt 17,13) in cui i fondatori dell’ebraismo, Mosè ed Elia, conversano con Gesù “della sua imminente dipartita a Gerusalemme” (Lc 9,31). Del resto la descrizione che ci vien data di Gesù nei Vangeli e la lettura di ogni buon ebreo libero da pregiudizi è quella che riconosce in Gesù un rabbi e un fratello giudeo osservante (Gv 8,46). Se fosse vera la sua premessa, Francesco, si arriverebbe all’assurdo che Gesù stesso dovrebbe avere approvato la propria condanna. La condanna di Gesù non fu dovuta come lei è costretto a concludere, dalla falsità della religione di Caifa, ma dalla sua (di Caifa) personale malafede e dalla manipolazione del processo. O dobbiamo sostenere che Hanna e Caifa fossero veri ebrei e d’Arimatea e Nicodemo no? Infatti, anche in seno all’élite dell’ebraismo, il Sinedrio, non mancò chi difese Gesù.”Argomentazione assurda, per il discorso che facevo prima: Giovanni Battista, i Patriarchi liberati da Cristo nella sua discesa agli inferi, gli apostoli e tutti i seguaci di Gesù hanno creduto alla sua messianicità, gli altri no. Lei la vede la differenza o è la stessa cosa credere o non credere che Gesù sia il Messia?“Lei stesso, caro Francesco, ricorda che in tutto il Medioevo per la Chiesa l’ebraismo era “l’unica religione riconosciuta al di fuori del cristianesimo”. Ma ciò è in aperta contraddizione con la sua premessa (se n’è accorto?)”Non c’è contraddizione, per il motivo che il giudaismo talmudico si è costruito nei secoli e ci ha messo del tempo per soppiantare l’antico ebraismo mosaico, per la quale la Chiesa ha sempre mostato rispetto, pur nel rifiuto di riconoscere Cristo come Messia.“Ma forse lei vuole dire che se un ebreo aderisce al giudaismo talmudico-rabbinico allora non può che riconoscere come giusta l’uccisione di Cristo? Ma che c’entra allora l’antisemitismo con l’accusa di deicidio e la discendenza e gli avi ecc. visto che tra la condanna di Gesù e la stesura scritta del nucleo più antico del talmud passano duecento anni? Di fatto non si fa menzione del Talmud nei vangeli e non è in nome del Talmud che Gesù fu condannato.”
      Io mi chiedo cosa c’entri l’antisemitismo con questo ragionamento: qui nessuno è antisemita e anzi ho detto che l’antisemitismo (sarebbe meglio dire antigiudaismo razziale) è intrinsecamente anticristiano.“Se il discorso, come lei stesso dice, Francesco, ” è di ordine morale” allora parliamo comunque di un giudizio su scelte personali, non di una religione come tale. Infatti, continua lei, questo discorso si “sostanzia nello schierarsi pro o contro Cristo”. Ma l’antisemitismo colpisce gli ebrei in quanto collettività, non come singoli, anche chi questa scelta personale formalmente contro Cristo non l’ha fatta.”Non lo metto in dubbio, ma ripeto, cosa c’entra l’antisemitismo con questo discorso teologico?“Ancora: nel secondo dei suoi ultimi due commenti lei si riallaccia ad un’affermazione erronea di Mastino, il quale sostiene, a detta sua, Francesco, che dopo la diaspora “l’ebraismo ha perso i caratteri che lo rendevano ancora una religione mosaica, fondata sul sacrificio”. In realtà, conseguente alla distruzione di Gerusalemme nel 70 è la fine del culto del tempio, non delle liturgie familiari, pure di tipo sacrificale, che sono quelle che propriamente risalgono a Mosè, ed ancor prima ai patriarchi. Ne consegue che il sacrificio di Cristo sulla croce ha abrogato il tempio, non la religione ebraica e tanto meno la Torah. Tant’è vero che sia la liturgia familiare dell’offerta del pane e del vino che le Sacre Scritture sopravvivono nella prassi liturgica trasmessa da Cristo agli apostoli fino ai nostri giorni.”
      La venuta di Cristo, mi spiace contraddirla, ha abrogato eccome la religione ebraica. Altrimenti mi spieghi come mai noi non pratichiamo più quei riti, tipo la Pasqua veterotestamentaria. Il Sacrificio della Messa, che ripete quello del Calvario, che c’entra con le pratiche che gli Ebrei compiono ancora oggi, evidentemente non credendo a quel Sacrificio? Ancora una volta sembra che per lei credere o non credere in Cristo sia un optional superfluo… invece è uno spartiacque che divide come un abisso chi ancora resta attaccato alla pianta ormai secca dell’ebraismo e chi invece crede a Gesù Cristo
      “Infine: l’argomento teologico insormontabile contro qualsiasi antisemitismo o razzismo di ogni risma e tipo è che nessuna potenza o volontà mondana di peccato può prevalere sulla divina volontà di perdono universale, manifestata nella morte e resurrezione di Cristo: “Non c’è più né giudeo né greco”. Solo Cristo.
      Un abbraccio. Giampiero.”Qui è lei a contraddirsi: se “non c’è più giudeo” allora la religione ebraica non ha più senso, no? Esistono solo cristiani, il nuovo Israele è la Chiesa… e ancora una volta: cosa c’entra l’antisemitismo – che nessuno qui propugna – con questo discorso?
      9 settembre alle ore 16.03 · Modificato · Mi piace · 1
    • Giampiero Tre Re La prego di notare, caro Francesco, che il primo a usare la parola “antisemitismo” è stato proprio lei, nel commento dell’8 settembre alle ore 1:51. Nel post delle 19:47 del medesimo giorno lei si è espresso testualmente come segue:
      “oggettivamente un circonciso ebreo, nella misura in cui appartiene a quella religione, va considerato moralmente correo del deicidio”.
      Naturalmente lei può sostenere che una frase del genere non sia antisemita, sebbene rientri nelle definizioni comunemente accettate di “antisemitismo religioso” o antigiudaismo, perché, come lei ci ha spiegato, “antisemitismo” è solo quello a sfondo razziale, e che la proposizione sopra riportata va letta come asserto teologico.
      Io accetto questa sua linea di difesa, perché sono in grado di dimostrarla falsa proprio sotto il profilo teologico, oltre che storico, morale (come ho già fatto) e perfino logico (se un ebreo non crede che Gesù sia Dio come può moralmente essere accusato di “deicidio” mancandone la piena avvertenza?).
      “Non c’è più giudeo né greco” è frase paolina che non è da intendere né nel senso che non esiste più la stirpe di Giuda (la quale, com’è noto, unica tra gli israeliti, esiste tuttora, mentre, semmai, non esistono più “quei” greci cui si riferisce Paolo); né che la religione ebraica sarebbe stata abrogata (solo alcuni riti, come il culto centralizzato, il Tempio e singole norme di purità lo sono state; il culto sinogogale, i riti familiari, le feste, le Scritture perdurano tuttora). La frase va intesa nel senso che, con la morte di Cristo, Dio non fa più differenza tra ebrei e non, in ordine alla possibilità di salvarsi. Quindi, nessuna contraddizione da parte mia. Che c’entra l’antisemitismo con la teologia?, lei mi chiede. C’entra, e molto, perché l’ebraismo è sì una religione, ma anche, ed inscindibilmente, una nazione. Parlando dei Giudei è teologicamente impossibile separare tale discorso dal suo radicamento storico secondo una ben precisa genealogia. L’ebraismo e il cristianesimo sono religioni storiche, il che significa che, prima d’essere dottrine teologiche, queste due religioni sono un’esperienza di Dio. Che il cristianesimo più che una religione è un evento significa anzitutto che la Resurrezione è un fatto realmente accaduto, ma anche che Cristo stesso ha un passato, una precisa identità culturale, una tradizione morale e di valori entro cui storicamente crebbe la sua autocoscienza divina. Questa storia è però una storia della salvezza. Per questo la storia d’Israele appare allo sguardo teologico in forma prolettica: le svolte fondamentali dell’avanzamento storico del popolo di Dio, il significato e i motivi delle sue stesse origini nel tempo si trovano in una “promessa”, in un intervento divino collocato nell’indisponibilità di un orizzonte futuro. Non solo Israele è la prova vivente dell’esistenza di Dio, ma la sola ragione dell’esistenza degli ebrei è che da loro doveva uscire il Salvatore secondo la carne. E’ per riguardo a questo Figlio eletto della stirpe di Giuda, che Dio manterrà fino alla fine dei tempi la promessa fatta ad Abramo: una discendenza senza fine, anche secondo la carne. Ed è questo il modo proprio del popolo ebraico d’essere ordinato a Cristo e la funzione storica che continua tuttora a svolgere nell’economia salvifica. Riconosco che l’affermazione da lei fatta a proposito del giudaismo talmudico come sviamento dalla genuina fede mosaica conseguente al mancato riconoscimento del suo vero compimento in Cristo può essere un’ipotesi teologica che si può vagliare. Ma non è questo il nocciolo del nostro dialogo. Il giudaismo talmudico è una corrente, una confessione, una parentesi storica, un fatto contingente nell’ebraismo, ma, soprattutto ad uno sguardo cristiano, non ne esaurisce l’essenza, che è quella di cui s’è detto.Veniamo allora al vero motore delle obiezioni che lei mi rivolge: lei mi chiede con insistenza se io veda o no la differenza tra credere o no che Gesù sia il Messia. Naturalmente sì. Ma sostenere, caro Francesco, che la sua proposizione: “Un ebreo, se aderisce alla sua fede, non può che riconoscere come giusta l’uccisione di Cristo” sia falsa, non implica affatto, come lei mi attribuisce, concludere che credere o no nel messianismo di Cristo sia indifferente per la salvezza. Così come il fatto che il Battista, i santi profeti i Patriarchi abbiano creduto a Cristo disceso agli inferi non suppone affatto la loro abiura dell’ebraismo o addirittura che l’ebraismo sia falso o contenga errori che obblighino chi lo abbraccia di rifiutare la dignità messianica di Gesù. Molte prove scritturistiche possono essere portate, a partire da Gesù stesso: “Non sono venuto ad abrogare la legge, ma a compierla”, “ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei Cieli è simile ad un padrone di casa che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”…
      Paolo si proclama ebreo della tribù di Beniamino, Pietro, invece, in ciò rimproverato da Paolo, evita di frequentare i cristiani ellenistici, per non esporsi alle critiche dei giudeo-cristiani di non osservare le norme rituali ebraiche di purità (prova del fatto che quest’ultimo gruppo ecclesiale continuava ad osservarle, senza che Pietro trovasse nulla da ridire). Al concilio di Gerusalemme ai cristiani ellenistici non viene imposta la circoncisione, segno che i giudeo-cristiani continuavano a ritenerla obbligatoria, almeno per sé stessi.
      Potremmo continuare così, con interi libri del Nuovo Testamento, come la Lettera agli Ebrei o l’Apocalisse, chiaramente di ambiente giudeo-cristiano. La religione ebraica, essendo rivelata, per noi cristiani, non può contenere errori. I santi dell’Antica Alleanza e i santi giudeo cristiani, semmai, TRASCESERO le proprie credenze ebraiche, ma certamente non dovettero rinunziare ad esse neppure per una virgola, un iota o un apice.
      “Signore, cos’ha trovato chi ti ha perduto? E cosa ha perduto chi ti ha trovato?”
    • Antonio Margheriti Mastino e che è la Treccani!
    • Giampiero Tre Re Solo Domini… cani.
    • Carlo Andrea Corsini te ti un giudeo,i tu antené falegnam ian fat la crous inveta alla quel ian inciudè noster Sgnour Gesù Crest…posia esser anc un poc incazzé per ste fat?
      10 settembre alle ore 2.02 · Mi piace · 1
    • Carlo Andrea Corsini bassa Bolognese
    • Paolo Balduini PIACENTINO-CASTELLANO: Ti t’è un giudè e i to vech, maringon, ian fat la crus dua ian inciudè al Signur! Pos es ancura un po’ icasè par ‘sta roba?
      10 settembre alle ore 2.05 · Mi piace · 1
    • Claudio Gabbi A t’se un giudeo e i to antenè marangon ian fabrichèe la cros in do ian incioldèe al noster Sgnor Gesù Crist. Posia eser ancora un pòo instisèe per col fat che 😉

La Scuola.

12 settembre 2012 Lascia un commento

Per augurare un buon inizio di anno scolastico

condivido questo articolo di un giovane professore e scrittore

che sottoscrivo pienamente.

 

                                                                                       LA SCUOLA

Sorprendersi dell’Uomo. Domande radicali ed ermeneutica cristiana della letteratura.

28 agosto 2012 Lascia un commento

A cura di Michele Vilardo.

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Don Massimo Naro,giovane teologo della chiesa nissena,direttore del Centro Studi “A.Cammarata” di San Cataldo e docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia di Palermo,si propone con un nuovo ed interessante lavoro dal titolo:”Sorprendersi dell’Uomo. Domande radicali ed ermeneutica cristiana della letteratura”,edito dalla Cittadella editrice. I saggi raccolti in questo nuovo volume si propongono di attenzionare,in chiave teologica e ateologica,le domande radicali della letteratura contemporanea in relazione al senso dell’esistenza umana. Il libro raduna saggi dedicati a poeti e narratori che hanno cercato delle risposte alle cosi dette domande radicali. Nella presentazione al testo il Prof.Giulio Ferroni, docente alla Sapienza di Roma,dice che la “radicalità di queste domande è data proprio dal loro essere semplici,dal loro chiamare in causa l’esperienza di tutti quelli che vivono”.Interrogativi semplici, ma al contempo ultimativi, che vertono su questioni forti quali il perché “del vivere e del morire,sulla sete umana di verità e di giustizia,sulla meschine debolezze del potere,sul confronto tra Dio e il dolore innocente,sulla destinazione ultima e vera dell’uomo”.La tesi di fondo sostenuta dall’Autore è la seguente:”la letteratura,sia quella che parteggia per Dio sia quella che grida contro Dio,la letteratura esplicitamente religiosa ma anche quella ateologica,mostra di non poter rimanere senza Dio. Diventa, insomma, un discorso in cui Dio non è nominato esplicitamente e però rimane altrimenti invocato. Così la letteratura e le sue parole rinviano ad un orizzonte-altro, a cui l’uomo non può smettere di anelare”.Per dimostrare ciò,Naro interpella autori noti e meno noti della letteratura dell’otto-novecento che possono essere iscritti,a vario titolo,in ciò che l’autore definisce letteratura “meridiana”:ossia ciò che altrove è stato fatto da filosofi,soprattutto in Sicilia,è stato fatto da letterati.La lettura che Divo Barsotti fa di Leopardi  e quest’ultimo come testimone  della crisi spirituale moderna. La natura poetica della verità,ossia le questioni radicali nella scrittura letteraria dell’inglese John Henry Newman, probabilmente la vetta assoluta del pensiero cattolico post rivoluzione francese. Nato anglicano e convertitosi al cattolicesimo sino a diventare cardinale,Newman è un singolare miscuglio di teologia e letteratura. Per l’autore inglese,Don Massimo parla di autentica “poesia del pensiero” capace di esprimere nelle sue opere “un orizzonte misterioso sorprendentemente presagito oltre che acutamente interpretato,suggestivamente immaginato,ma anche lucidamente interpretato”.A fare da apri pista per gli autori siciliani è Pirandello con le sue  lanterninosofie,facendo reagire le dichiarazioni di fede dello scrittore isolano (“sento e penso Dio in tutto ciò che penso e sento”)con il suo pensiero scettico o di conclamato agnosticismo,lambendo in certi casi l’azzeramento di ogni fede. Prosegue con la  scrittrice, mistica palermitana, Angelina Lanza Damiani,prendendo in considerazione “la terza interpretazione della vita”.Le tematiche della tanatofilia e della tanatofobia,per dirla con Bufalino, attraversano il pensiero poetico siciliano e l’opera dello scrittore ateologo  Sebastiano Addamo e la verità insultante di Pippo Fava,ucciso da Cosa Nostra. L’Italia umile di Carlo Levi  e la poetica profetica di Mario Pomilio. Le domande radicali non si limitano alla sfera esistenziale e religiosa ma sfidano la stessa modernità facendo i conti con il “disinganno cosmico e religioso”,scrive Naro,che l’epoca moderna impone con prepotenza. Due interessanti capitoli conclusivi sono dedicati alla Bibbia come codice della cultura occidentale  e alla Bibbia musiva presente nei mosaici del duomo di Monreale riletta dal poeta Davide Maria Turoldo e dal teologo Romano Guardini.Scrive Naro “Per Turoldo il duomo di Monreale è un «Eden dell’Arte» e i suoi mosaici sono un «mirabile tesoro» che il popolo di Sicilia ha la responsabilità di «custodire» in forza di una vocazione consegnatagli attraverso una storia ormai plurisecolare e nonostante le ombre negative che smorzano lo splendore di questa stessa lunga e grandiosa storia. Si tratta certamente di una vocazione culturale. Ma non solo: il popolo di cui parla il poeta ha, in questi versi, un profilo ecclesiale e perciò la sua vocazione ha anche una ineliminabile qualità cristiana, dipendente proprio dal suo rapporto con il duomo e, nel duomo, con la Parola di Dio che riecheggia figurativamente nei mosaici. La «grazia» e la «virtù» di questo popolo, la sua nobiltà regale più forte di ogni pur suo infamante «crimine», consistono nel suo stare dentro la reggia – che è appunto la basilica costruita nel XII secolo da re Guglielmo II – e nel leggere, dentro la reggia, dentro la basilica, «le storie di Dio» che vi sono raffigurate su uno sfondo immenso di «pietruzze d’oro».

Guardini,scrive Naro, giunse a Monreale nel pomeriggio del giovedì santo del 1929, mentre vi si stava svolgendo la celebrazione liturgica in coena Domini, e vi ritornò il sabato santo, per la messa pasquale. E perciò ebbe la provvidenziale opportunità di vederne lo splendore artistico non nella sua immobilità e intangibilità museale – come di solito accade al turista che vi si reca semplicemente come tale – bensì rivitalizzato dall’azione liturgica alla quale, sin dalla sua costruzione, era stato destinato. Guardini, dunque, non si limitò a visitare il duomo di Monreale. Più radicalmente: lo visse, ne fece esperienza. Percependolo non come cornice materiale ma come parte integrante di un mistero vivente, in cui – per il suo carattere metastorico – ugualmente sono coinvolti gli uomini di oggi insieme a quelli che li hanno preceduti ieri e che hanno loro tramandato il testimone della fede. I profeti biblici e i santi raffigurati negli immensi mosaici monrealesi sembrarono animarsi agli occhi di Guardini, risvegliati dal fruscio dei paramenti sacri e dai canti dell’assemblea, coinvolti nei ritmi della celebrazione, aggregati alla preghiera del vescovo e dei suoi assistenti. Ma, soprattutto, interpellati dallo sguardo dei fedeli, sguardo di contemplazione attraverso cui il mistero si lasciava raggiungere e si rendeva di nuovo presente. Ciò che colpì maggiormente Guardini, secondo la sua stessa testimonianza, fu appunto lo sguardo orante della gente riunita dentro il duomo. «Tutti vivevano nello sguardo» (Alle lebten im Blick), tutti erano protesi a contemplare, scrive affascinato Guardini, intuendo il valore metafisico di quel contemplare: quegli uomini e quelle donne, vivono – più assolutamente: sono – in quanto guardano, vivono e sono perché spalancano i loro occhi sul mistero.

Infine,l’immagine messa in copertina è tratta da una rivista tedesca, negli anni trenta, i terribili anni del nazismo, diretta da Romano Guardini (la rivista si intitolava “Die Schildgenossen”, che significa “gli scudieri”, i portatori di scudo…). L’immagine fu disegnata da Desiderius Lenz, e vuole indicare il modello dell’uomo nuovo, secondo una visione cristianamente ispirata, che la rivista si proponeva di propugnare tra i suoi lettori, docenti e studenti universitari anti-nazisti. Difatti il titolo dell’immagine è “Kanon des menschlichen Kopfes” (Canone del Capo umano, o del Volto umano).

 M.Naro, Sorprendersi dell’Uomo. Domande radicali ed ermeneutica cristiana della letteratura,Cittadella Editrice,pp.392,euro 22,80.

Tre donne una domanda:Hannah Arendt-Simone Weil-Edith Stein.

4 luglio 2012 Lascia un commento

Donne e filosofia,un’accoppiata difficile,forse impossibile.Eppure nel Novecento tre grandi figure  hanno lasciato traccia profonda nella cultura del secolo .Vengono ora rievocate in un vivace saggio della psicanalista lacaniana Giuliana Kantzà.

Tre donne tre passioni:per la giustizia,per la mistica,per la ragione. Tre donne unite dall’ebraismo e pertanto colpite dalla persecuzione nazista. Un’opera assai limpida e gradevole che mescola insieme  le drammatiche vicende delle tre israelite con le loro riflessioni filosofiche.

Simone Weil(1909-1943),comunista e bolscevica,lasciò l’insegnamento della filosofia per lavorare alla Renault.Fù brevemente in Spagna per combattere il regime di Franco.Fuggì negli USA e poi in Inghilterra per sostenere la resistenza di De Gaulle.Frattanto andava maturando il suo rifiuto del comunismo.Ammirava Gesù ma odiava la chiesa,così come odiava gli ebrei “popolo maledetto”.

Edith Stein (1891-1942),testimone e martire di due fedi:quella ebraica e quella cristiana. Vide tra le due religioni una continuità piena e lo mostrò assumendo come giorno del battesimo il 1 gennaio1922,festa insieme ebraica e cristiana. Docente universitaria al seguito di Husserl,la lettura della “Autobiografia” di santa Teresa D’Avila la condusse al cristianesimo e alla clausura del carmelo. Studiosa di san Tommaso D’Aquino ne valorizzò la filosofia,ma mostrò che solo la mistica era definitiva secondo l’insegnamento della “noche obscura de alma”di San Giovanni della Croce.Per sottrarla alle persecuzioni naziste fù mandata da Colonia in Olanda dove venne arrestata e trasferita ad Auschwitz e subito uccisa insieme ad una sua sorella.

Hannah Arendt studiò a Marburgo dove conobbe Martin Heidegger.Si salvò dal nazismo prima in Francia,poi negli Usa.Alcune sue opere hanno segnato la cultura del secolo:anzitutto il “totalitarismo”,acutissima indagine che definisce quella tragica novità del Novecento,che accomunava  comunismo e nazismo.

Un’alterità costitutiva, essere una donna, un’alterità di appartenenza, essere ebree, è la traccia unificante di queste tre donne straordinarie che hanno segnato il percorso speculativo del secolo scorso. Un incrocio di tempi le pone di fronte al nazismo e all’orrore del male: su questo sfondo drammatico si innesta il loro discorso: per Hannah Arendt è la decostruzione di una filosofia separata dalla vita, dal legame sociale; per Simone Weil è l’inquieta e lirica ricerca di una trascendenza; per Edith Stein è la luminosa testimonianza della continuità originaria fra giudaismo e cattolicesimo. La loro opera è inscindibile dalla loro vita: il loro discorso si snoda nel simbolico del linguaggio, ma vibra della loro specificità femminile. È proprio al loro tratto di essere «altra» che Giuliana Kantzà fa riferimento; seguendo l’insegnamento di Jacques Lacan, individua la loro peculiarità di appartenenza sessuale: una donna è «non tutta» nel discorso, è, per struttura, contigua al godimento, aperta alle «vie del desiderio», pronta all’amore.
Hannah Arendt, Simone Weil, Edith Stein sono le voci alte di questa alterità femminile che conserva e trasmette l’irriducibile del desiderio: nella prima con la «natalità», «Puer nobis natus est», nella seconda con l’appassionata ricerca del bello, nella terza nella via della mistica. Voci che nella solitudine e nel silenzio dell’urlo contemporaneo fanno cenno alla donna, baluardo di un desiderio estraneo all’«avere», e ci consegnano la domanda: «Che cosa vuole una donna?». Domanda che si oppone all’invadenza del conformismo, alla massificazione, che resiste all’invadenza dello scientismo «che è l’ideologia della soppressione del soggetto». Domanda che tocca il nodo Legge-desiderio-godimento, domanda che apre all’amore.

G.Kantzà,TRE DONNE UNA DOMANDA.Hannah Arendt,Simone Weil,Edith Stein,Ed.Ares,Milano,2012,pp.328.

Per un’ecclesiologia narrativa

Ho il piacere di presentare la seconda parte del Breve profilo di storia della Chiesa. Per un’ecclesiologia narrativa (secc. XI-XVI). Testi originali con un ricco apparato iconografico e multimediale.

Breve profilo di storia della Chiesa

per un’ecclesiologia narrativa


di Giampiero Tre Re

SECONDA PARTE

Dalla riforma gregoriana alla Riforma protestante (XI-XVI)

Prete e gay/2. La relazione ambigua

14 Maggio 2011 71 commenti

Chi meno omofobo della Chiesa cattolica? E’ quello che verrebbe paradossalmente da dire, vista l’incidenza dell’omosessualità tra il clero, di molto superiore a quella diffusa tra la popolazione non clericale. Eppure in questi giorni la curia palermitana (storicamente zeppa, per conto suo, di preti e vescovi omosessuali) ha sbattuto la porta in faccia alla locale comunità dei gay credenti. Questi ultimi chiedevano soltanto di poter formulare entro le mura d’una chiesa diocesana una prece di suffragio per le vittime dell’omofobia. Anche se, in punta di codice canonico, il diritto di una preghierina non lo si nega neppure ai divorziati risposati, e non sta scritto da nessuna parte che la Chiesa è contraria ad ogni forma di violenza tranne quella a danno dei gay, l’eminentissimo Paolo Romeo e il suo ausiliare mons. Carmelo Cuttitta si fanno scudo della dubitativa giurisprudenza minoritaria di un documento magisteriale di nicchia, per opporre un diniego.
Successivamente l’Arcivescovo ha concesso udienza ai cattolici del gruppo “Ali d’aquila”, che così hanno potuto pregare nel sagrato della chiesa, che il parroco aveva provveduto a illuminare internamente. Leggi tutto…

Una morale discutibile

 

A Paolo VII

In mezzo secolo di decorso postconciliare, il Vaticano II ha prodotto un richiamo della riflessione sulla Chiesa come soggetto collettivo in cui risiedono le condizioni (antropologiche, storiche, giuridiche, istituzionali) della fede delle singole persone. Occorre però tornare sui nostri passi, anzi andar oltre, e non perdere di vista che anche la Chiesa “società perfetta” non è in realtà che un’astrazione a metà discorso tra teologia e sociologia, in quanto la relazione realmente e originariamente esistente è comunque quella tra persone. Nella fattispecie la relazione ecclesiale originaria è quella tra Gesù e il discepolo. Sono dunque le condizioni di possibilità della Chiesa ad essere in realtà poste nelle strutture personalistiche dell’esistenza cristiana. Leggi tutto…

Pasqua 2011

21 aprile 2011 25 commenti

Pasqua di liberazione

 

Passiamo (anche noi) all’altra riva.

Femminismo islamico. Corano, diritti, riforme

5 settembre 2010 Lascia un commento


la Repubblica
Femminismo islamico
C’ è una jihad tutta nuova che da qualche anno si aggira per il mondo: va dal Marocco all’ Iran, passando per gli Stati Uniti, la Malesia, la Turchia e l’ Egitto. Le sue armi non sono kalashnikov ma libri e conoscenza. I suoi portabandiera, non kamikaze ma studiose testarde e determinate. Leggi tutto…

Sul complesso rapporto tra Islam e universo femminile.

5 settembre 2010 Lascia un commento


di Chiara Scattone
“Le donne buone sono dunque devote a Dio e sollecite della propria castità, così come Dio è stato sollecito di loro; quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciatele sole nei loro letti, poi battetele; ma se vi ubbidiranno, allora non cercate pretesti per maltrattarle, ché Iddio è grande e sublime”. Questo è probabilmente uno dei passaggi più contestati dal femminismo islamico moderno e contemporaneo, il versetto che ha ‘condannato’ la donna a un ruolo di sottomissione e di inferiorità nei confronti del maschio, ma anche uno dei passaggi più intensi e significativi della storia della comunità muhammadica. Leggi tutto…

Le notti brave dei preti gay

24 luglio 2010 Lascia un commento


Un cronista di “Panorama”, Carmelo Abbate, ha vissuto tra gli omosessuali di Roma.E per quasi un mese ha documentato vizi e perversioni di insospettabili sacerdoti dalla doppia vita.
“Panorama” 29 Luglio 2010 Anno XLVIII n.31,pp.54-60.

Leggi tutto…

La compulsione nella sessualità. Aspetti clinici ed educativi

21 giugno 2010 Lascia un commento

Presentazione del volume:
Attraverso una rassegna storico-clinica delle compulsioni sessuali, dall’antichità ai giorni nostri, il volume ne delinea le principali caratteristiche e traccia l’evoluzione del comportamento compulsivo nei soggetti che ne soffrono, evidenziando come ipersessualità, autoerotismo compulsivo e perversioni sessuali siano manifestazioni di quella che si può definire dipendenza sessuale. Leggi tutto…

Genesi dei diritti umani

17 giugno 2010 Lascia un commento


INTRODUZIONE
Nello spazio di pochi anni, la tematica dei diritti umani ha invaso e permeato più d’una disciplina giuridica, ed è divenuta oggetto di indagine di diverse branche del sapere scientifico. Sempre più frequentemente, autonomi corsi di insegnamento sono dedicati all’argomento. Ciò è dovuto al fatto che i diritti dell’uomo sono venuti assumendo un ruolo crescente nella legislazione, nelle relazioni internazionali e nella coscienza comune. Leggi tutto…

La colonna e il fondamento della verità

13 giugno 2010 6 commenti


Dopo le tenebre dell’ideologia e del totalitarismo stalinista che hanno travagliato il XX secolo, spezzando anche la vita di Florenskij e oscurandone l’opera per oltre settantanni, il capolavoro La colonna e il fondamento della verità  finalmente riappare nella sua integrità Leggi tutto…

Le aquile sono nate per volare

4 giugno 2010 7 commenti

MICHELE VILARDO ( a cura di).

Cos’ha in comune Leonardo da Vinci con Steven Spielberg,oppure Agata Christie con John Lennon? La loro dislessia. Anzi, la tenacia con la quale sono riusciti a sprigionare tutte le potenzialità creative della loro dislessia. Anche le più recenti ricerche offrono una lettura inedita di tale disturbo,secondo le quali,con un approccio adeguato,la dislessia può divenire straordinaria condizione per lo sviluppo del genio creativo. Leggi tutto…

Le origini del totalitarismo

21 Maggio 2010 4 commenti

MICHELE VILARDO (a cura di).

A cinquant’anni dall’inizio della seconda guerra mondiale e dalla firma del patto tra Hitler e Stalin per la spartizione della Polonia, la ristampa di un classico studio di Hannah Arendt sulle origini del totalitarismo appare particolarmente utile. Da un lato la ripresa del dibattito storiografico sul nazismo nella Germania occidentale e ciò che ne è scaturito e, dall’altro, la volontà e la possibilitàdi molti intellettuali sovietici di effettuare un’analisi non falsificata della storia sovietica facendo luce sul totalitarismo staliniano, rendono quanto mai attuale l’opera della scrittrice ebrea. Leggi tutto…

Memorie gastronomiche della città perduta

MICHELE VILARDO (a cura di)

Memorie gastronomiche della città perduta è il suggestivo racconto dell’iniziazione ai piaceri del gusto e del palato di un adoloscente, Giancarlo Lo Sicco, diventato nella maturità uno dei più raffinati e apprezzati gourmet siciliani. Un percorso formativo alimentato e sostenuto dalle tradizioni e dai riti culinari che, nella Palermo degli anni Sessanta del secolo scorso, si svolgevano, soprattutto nelle ricorrenze festive, nella sua “patriarcale” e perciò numerosa famiglia paterna. Leggi tutto…

Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia

8 marzo 2010 27 commenti

Michele Vilardo (a cura di)

Quarta di copertina:
«Il luogo comune è solido: per il cattolicesimo il piacere è colpa, il sesso è peccato. Da praticare con parsimonia e disagio esclusivamente nel matrimonio, e principalmente per procreare. Alcuni enunciati si ripetono nel corso del tempo nella predicazione cattolica fino a rendere possibile una sintesi così brutale. Ma sensibilità più libere, analisi circostanziate dei testi e delle politiche possono di volta in volta articolare, smentire, fino a sgretolare il potenziale conoscitivo di un assunto così generico.» Leggi tutto…

I miti del nostro tempo

13 febbraio 2010 1 commento

un libro di Umberto Galimberti

A cura di Michele Vilardo.

“CHI NON HA IL CORAGGIO DI APRIRSI ALLA CRISI,RINUNCIANDO ALLE IDEE-MITO CHE FINORA HANNO DIRETTO LA SUA VITA, SI ESPONE A QUELLA INQUIETUDINE PROPRIA DI CHI PIÙ NON CAPISCE, PIÙ NON SI ORIENTA.”
Giovinezza e intelligenza, felicità e amore materno. E poi moda e tecnica, sicurezza e potere, e ancora mercato, crescita economica, nuove tecnologie… Sono i miti del nostro tempo, le idee che più di altre ci pervadono e ci plasmano come individui e come società. Leggi tutto…

Mistero buffo

22 gennaio 2010 83 commenti

Ovvero: Piccoli statisti crescono

Ma dov’è finito Berlusconi? Forse ancora dolorante, o preoccupato della non perfetta presentabilità del suo sorriso, nel giorno dell’apocolocintosi del divo Craxi, suo mentore, Silvio non si è fatto vedere.
Riappare tre giorni dopo in Parlamento come deus ex machina del processo breve, che lo renderà giudiziariamente immortale. In realtà c’è un mistero (nel senso stretto attinente alla simbologia di morte-resurrezione tipica dei culti iniziatici) da decifrare in tutto ciò. La dritta la dà il più illuminato dei politici contemporanei, il sommo sacerdote Schifani: «Craxi fu una vittima sacrificale». Leggi: «Berlusconi è una vittima sacrificale». Intendi: «Come da sempre accade, entrambi li abbiamo fatti fuori noi, con un amichevole bacio, ma la colpa ricadrà sul perfido popolo deicida, mentre noi saremo legittimati a rinnovarne la memoria e il potere salvifico». Leggi tutto…

Il figlio del comandamento

28 dicembre 2009 3 commenti


litterae-testata

COMMENTO AL VANGELO DOMENICALE

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già pubblicati

Anno C, Natale, I domenica (S. Famiglia)
1Sam 1,20ss.24-28; Sal 83; 1Gv 3,1s.21; Lc 2,41-52
Beato chi abita nella tua casa, Signore

Luca 2,41 I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; 43 ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49 Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50 Ma essi non compresero le sue parole.
51 Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. 52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.


Il vangelo di Luca non è solo ciò che nei sinottici maggiormente si avvicina al moderno concetto di ricostruzione storiografica, ma è anche un’indagine che oggi diremmo “antropologica”, per la partecipante simpatia con cui Luca si accosta al mondo culturale in cui il Cristo si è formato. Ma le annotazioni storiche e antropologiche non rimangono fini a se stesse, entrando a far parte a pieno titolo del disegno cristologico di Luca. Leggi tutto…

La salute, impresa collettiva

9 dicembre 2009 100 commenti

A proposito di un volume di Rossella Semplici (*)

Nella sua ultima fatica Rossella Semplici prende per mano il lettore per condurlo a considerare la salute attraverso un punto di vista, quello dei suoi aspetti culturali, per molti versi insolito, a cominciare da quello che dà il titolo al libro: La cura della salute (ed. Paoline, Milano 2008). Noi occidentali siamo infatti da lungo tempo abituati a considerare restrittivamente la cura, in un certo senso come qualcosa di antitetico alla salute, cui ricorrere quando la salute non c’è più. In realtà questa concezione ristretta della cura è assai delimitata nello spazio e nel tempo, ed è per di più relativamente recente. La cura è sempre stata “cura della salute” perché è stata avvertita sempre e ovunque come un’impresa cui attendere collettivamente. Leggi tutto…

Risus abundat

15 giugno 2009 18 commenti
Il re leone

Banzai, la iena ridens stupida del film: Il re leone

Gentile Signor Diego Cammarata, Sindaco di Palermo,

Qualche tempo fa le chiesi dalle colonne di questo blog di rendere trasparenti le sue spese della sua ultima campagna elettorale a sindaco, quella in cui la sua faccia appariva, col suo ormai celebre sorriso, accanto a frasi del tipo: “Palermo, la città più glamour d’Europa”; “Palermo, la città più vivibile del mondo”. Ora, forse non ricordo bene e onestamente non saprei più dire se sto esagerando io adesso o lei allora… Leggi tutto…

Un Paese per vecchi

30 Maggio 2009 19 commenti

Bardem

«Non temo Berlusconi in sé,
temo Berlusconi in me»
(Giorgio Gaber)

Perché gl’italiani da quindici anni votano soprattutto Berlusconi? Perché il nostro è un Paese vecchio. La popolazione invecchia. I giovani abitano con i vecchi fino a tarda età. Il vecchio convive col vecchio. Il vetusto con l’arcaico. Sono vecchi gli uomini politici; l’età media del governo, all’atto dell’insediamento, era di 50; ma ancora più alta l’età media in Parlamento: 54 anni (contro i 42,5 anni della popolazione italiana, che pure è seconda al mondo solo a quella del Giappone, di un anno più vecchia). Leggi tutto…

Ricordo del 25 maggio 1992

23 Maggio 2009 5 commenti

I mafiosi non sono cristiani

Un fatto di cronaca come la strage di Capaci, nonostante si presti ad una interpretazione su più livelli, viene solitamente affrontato sotto il profilo politico-giuridico. Credo possa risultare utile se cerco di abbozzare, sforzandomi di non uscire troppo dalle mie competenze etico-teologiche, qualche considerazione su questo episodio da punti di vista forse meno usuali. Guardare il fenomeno da diverse prospettive può aiutarci a razionalizzare (sarebbe assai utile, ad esempio, l’approccio quantitativo al fenomeno mafioso, cosa che è stata fatta solo in un ristrettissimo numero di studi) e a contrastare quindi la tendenza giornalistica a una lettura mitologica dell’emergenza mafiosa, che finisce per alimentare nell’opinione pubblica l’epos popolare di una mafia quasi circonfusa da un’aura leggendaria. Leggi tutto…

Uomini e no

Dall'Archivio Puglisi. Per gentile concessione di Agostina Aiello e Rosaria Cascio

Dall'Archivio Puglisi. Per gentile concessione di Agostina Aiello e Rosaria Cascio

Cari amici,

Ho bisogno del vostro aiuto per avere informazioni su questa istantanea che ritrae Padre Pino Puglisi all’inizio del suo ministero. Qualsiasi dato può essermi utile: sul luogo, l’anno (anche approssimativo), le persone che compaiono nella foto; in particolare sul ragazzo con gli occhiali, che sorride, proprio davanti a P. Puglisi.

Grazie.

Giampiero Tre Re. Webmaster.

Taglio basso. Eluana e gli altri

25 novembre 2008 181 commenti
terri schiavo

Finalmente libera dalle costrizioni terrene

Mi è recentemente capitato di leggere, sul giornale cittadino, un “taglio basso”, a firma di Bruno Vespa, dedicato al caso di Eluana Englaro, la donna da sedici anni in stato vegetativo permanente, sul quale di recente la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza storica, in Italia. I giudici di terzo grado, infatti, hanno dato torto a chi aveva impugnato una precedente sentenza, emessa in sede d’Appello, che dichiarava legittima la richiesta di Beppino Englaro di sospendere l’alimentazione forzata alla figlia Eluana. L’Englaro sarebbe riuscito a dimostrare, infatti, l’esistenza di una “volontà” della figlia, da lei espressa oralmente e da lui stesso raccolta, insieme ad altri testimoni, dalla quale risulta che Eluana non avrebbe dato il proprio consenso alla prosecuzione di tali trattamenti.
Ciò che più colpisce nell’articolo di Vespa è l’approccio di basso profilo dato alla problematica, Leggi tutto…

Barak e l’ultimo muro

10 novembre 2008 12 commenti

obama-kennedyUna vecchia enciclica di Papa Giovanni XXIII, la Pacem in terris (1963), scritta in piena guerra fredda, mentre il mondo si apriva alla speranza per gli slanci idealisti del neoeletto Presidente degli Stati Uniti e tremava per la crisi di Cuba, la più grave crisi politico-militare globale di tutto il dopoguerra, insegna che la pace universale non potrà mai essere realizzata tramite l’equilibrio del terrore, ma solo liberando il profondo desiderio di pace presente in ogni uomo in quanto creato da Dio. In un famoso passo della stessa enciclica il papa distingueva tra le ideologie e i movimenti storici che da esse scaturiscono. Egli, pur respingendo fermamente le premesse teoriche di ateismo di taluni di essi, invitava a cooperare con quei movimenti ovunque la coscienza cristiana non lo impedisse.
La possibilità di riferire la Pacem in Terris al comunismo è del tutto evidente. Si può dire, ad esempio, che il male oscuro che portò al crollo dei regimi dell’Est non fu il comunismo ma piuttosto il loro ateismo. Leggi tutto…

SCUOLA di PREGHIERA