Rossella Semplici, Bullismo: situazione e prospettive

BULLISMO: SITUAZIONE ATTUALE E PROSPETTIVE
di Rossella Semplici

Pubblicato per la prima volta in “Giovani e cultura secolarizzata” – Atti del Convegno tenuto in Vaticano il 22 Febbraio 2007, Edito da Carità Politica.

L’Autrice nasce e vive a Milano.
Svolge l’attività di psicologa clinica come libera professionista.
È docente in Corsi FSE; ha avuto Comandi presso le Università per lo svolgimento di ricerche psico-pedagogiche.
È autrice di articoli su tematiche psicologiche pubblicati in riviste, siti specialistici e divulgativi.
Cura la pubblicazione di testi di psicologia clinica.

Bullismo, fenomeno antico e internazionale

Il bullismo è uno dei fenomeni giovanili che maggiormente occupa, in questo periodo, le cronache dei mass-media, gli spazi su internet, desta preoccupazione tra vari professionisti, educatori, sociologi, psicologi, e anche tra la “gente comune”.
I primi studi scientifici sul bullismo risalgono agli anni ‘70 e sono stati condotti nei paesi scandinavi; qualche anno dopo nei paesi anglosassoni, in particolare Gran Bretagna e Australia; dalla prima metà degli anni ‘80 anche in Giappone, dove il corrispettivo locale del bullismo, chiamato ijime, è particolarmente intenso e diffuso. In Italia le prime ricerche sono state compiute negli anni ’90.
Da uno Studio ONU condotto nel 2001-2002 sulla violenza contro i minori è emerso che dei bambini intervistati una percentuale compresa tra il 20 e il 65% pensava di essere stata vittima di bullismo nei 30 giorni precedenti l’intervista1.
Per quanto riguarda l’Italia nel VI Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Eurispes2, la percentuale relativa ai ragazzi tra i 12 e i 18 anni è del 46,9%.

Bullismo: elementi identificativi

Per poter distinguere il bullismo dal teppismo, da atti violenti generici, dal “sano e normale” litigio tra coetanei, può risultare utile la definizione che ha elaborato nel 1996-1997 Dan Olweus, psicologo norvegese, considerato da molti il pioniere della ricerca sul bullismo, perché è stato il primo ad analizzare il fenomeno con studi su larga scala (1978).
Secondo Olweus “un bambino che subisce prepotenze, è vittima di bullismo, quando è esposto ripetutamente e per lungo tempo alle azioni ostili di uno o più compagni” e quando queste azioni sono compiute in una situazione di “squilibrio di forze, ossia in una relazione asimmetrica: il ragazzo esposto ai tormenti evidenzia difficoltà nel difendersi”.
Possiamo quindi evidenziare alcune caratteristiche essenziali:
– l’intenzionalità, il bullo vuole provocare intenzionalmente un danno alla vittima;
– la persistenza, le azioni ostili devono durare almeno qualche settimana e possono proseguire per mesi o anni;
– lo squilibrio di potere, la vittima è impossibilitata a difendersi.
Le azioni, individuali o collettive, compiute nei confronti della vittima, possono essere:
– verbali, ad esempio minacciare, insultare, deridere, offendere, sottolineare aspetti razziali;
– fisiche, maggiormente utilizzate dai maschi, come prendere a pugni, dare calci, spintonare, sottrarre o rovinare gli oggetti di proprietà della vittima;
– indirette, privilegiate dalle femmine, ad esempio fare pettegolezzi, isolare dal gruppo, diffondere calunnie.
A proposito di bullismo femminile e maschile dalle ricerche condotte nel nostro Paese da Ada Fonzi nel 1997 è emerso che le femmine che ritenevano di essere prepotenti raggiungevano percentuali consistenti e a volte maggiori rispetto ai maschi. Il bullismo femminile è poco vistoso, è subdolo, quindi difficile da individuare; spesso si pensa che l’isolamento della vittima sia dovuto alla sua eccessiva timidezza. È evidente che in questa situazione sia davvero problematico per la vittima chiedere aiuto.

Bullismo e salute

Le conseguenze del bullismo a livello di salute si verificano prevalentemente sulla vittima, che, nel tempo, può arrivare a sviluppare patologie fisiche, psicosomatiche, a volte anche psichiatriche.

Disturbi psicosomatici

Tra i molteplici disturbi segnaliamo i più frequenti a carico:
– della cute che si manifestano con dermatosi, psoriasi, eritemi, allergie, ecc.;
– dell’apparato digerente con gastrite, ulcera, colon irritabile, ecc.;
– dell’apparato cardiovascolare con tachicardia, cardiopalmo, ipertensione, ecc.;
– del sistema immunitario con abbassamento delle difese dell’organismo che determina una maggiore vulnerabilità a tutte le malattie.

Disturbi psichici

Anche in questo ambito sono molteplici i disturbi che possiamo correlare al bullismo. Ne riporteremo solo alcuni: disturbi d’ansia, tra cui attacchi di panico, fobie; disturbi dell’umore, con reazioni aggressive esagerate, marcata irritabilità, manifestazioni depressive, ecc.; disturbi dell’attenzione e della concentrazione; disturbi della sfera del sonno con risvegli multipli durante la notte, insonnia, alterazioni del ritmo sonno-veglia; modificazioni dell’alimentazione che possono arrivare fino all’anoressia o alla bulimia.

Condizioni che favoriscono il fenomeno

Attualmente si è proponesi a ritenere che il verificarsi e lo sviluppo del bullismo non dipendano da singoli elementi, ma da una rete di fattori che interagiscono in forme di reciprocità circolare. Possiamo individuare tre livelli: la personalità del soggetto, i sistemi primari e/o immediati (famiglia, coetanei, scuola, quartiere) e i sistemi culturali e sociali ampi.

Caratteristiche personologiche della vittima

Esistono due tipi di vittime: la vittima passiva e la vittima aggressiva-provocatrice; la prima è statisticamente la più frequente.
Alcune delle più frequenti caratteristiche psicologiche dei soggetti vittime-passive sono ansia; insicurezza; scarsa autostima; opinione negativa di sé, delle proprie competenze e abilità, che a volte sono oggettivamente inadeguate, altre volte invece sono adeguate ma non vengono utilizzate dalla vittima in modi efficace; preoccupazioni eccessive per il proprio corpo, manifestate attraverso la paura di farsi male, le difficoltà nello svolgimento di attività ludiche e/o sportive; chiusura in se stessi e, per i più piccoli, pianto; modello di internazione di tipo reattivo-ansioso sottomesso; solitudine ed emarginazione in ambito scolastico; rendimento scolastico incostante e in progressivo peggioramento nella scuola media.
Le caratteristiche psicologiche più ricorrenti dei soggetti vittime- provocatrici sono iperattività; inquietudine; modello di internazione di tipo reattivo-ansioso aggressivo con tendenza ad offendere, a controbattere, a prevaricare i compagni più deboli; difficoltà di relazione anche con agli adulti; i loro comportamenti spesso suscitano sgradevolezza, antipatia, ecc.
Per quanto riguarda i bulli, le caratteristiche personologiche più diffuse sono sicurezza; autostima elevata; modello di internazione di tipo reattivo-aggressivo con aggressività violenta generalizzata, rivolta verso i compagni, spesso anche verso genitori e insegnanti; impulsività; forte bisogno di dominare gli altri; rabbia che si manifesta frequentemente e per motivi irrilevanti; bassa tolleranza alla frustrazione; difficoltà nel rispettare le regole; utilizzo dell’inganno per trarre vantaggio; scarsa empatia; indifferenza nei confronti della vittima; abilità nelle attività sportive e ludiche; capacità di affrontare e risolvere situazioni difficili; rendimento scolastico incostante e in progressivo peggioramento con l’aumentare dell’età; maggiore rischio rispetto ai coetanei di incorrere in età giovanile in comportamenti devianti e/o criminali, di abusare di alcool e/o sostanze.
Sintetizzando i bulli e le vittime pur differenziandosi sia a livello di tratti di personalità che di comportamenti sono accomunati dalla inadeguatezza nello stabilire, mantenere e sviluppare relazioni con gli altri.
Lo sviluppo delle competenze sociali è molto complesso e inizia in età precocissima, riporteremo alcune ricerche, perché utili fonti di informazione per tentare di elaborare risposte adeguate al bullismo.

Ambiente familiare

Sono stati compiuti molti studi per stabilire l’influenza dell’ambiente familiare, in particolare del clima educativo, sullo sviluppo delle modalità di relazione.
Dai risultati emerge una certa convergenza nel ritenere significativamente influenti sulla bassa autostima dei soggetti e sul prevalere del comportamento passivo, gli atteggiamenti iperprotettivi dei genitori e l’eccessiva coesione tra i componenti del nucleo familiare.
Per quanto riguarda lo sviluppo di condotte aggressive-violente le ricerche sembrano convergere nel ritenere significativi la mancanza di calore e coinvolgimento da parte delle persone che si prendono cura del bambino, specie se molto piccolo; il modello genitoriale nel gestire il potere, in particolare l’uso eccessivo di punizioni fisiche porta spesso il bambino ad utilizzarle come strumento per far rispettare le proprie esigenze.
Più controversi i risultati sull’influenza dell’educazione permissiva e di quella autoritaria. Infatti in alcuni casi, l’educazione permissiva è stata considerata una concausa importante del comportamento aggressivo dei figli; in altri l’eccessiva severità e l’autoritarismo3.
Non sembrano essere correlate con le condotte aggressive dei figli il grado di istruzione dei genitori, il livello socio-economico. Quest’ultimo dato è andato modificandosi in Italia; infatti negli anni a cavallo tra ottocento e novecento i soggetti coinvolti in fenomeni di devianza, tra cui anche il bullismo, provenivano da ambienti socialmente e culturalmente deboli e molto emarginati.

Ambiente sociale

Studiosi di diverse discipline, sociologi, psicologi, filosofi, educatori, sembrano concordare nel ritenere la società contemporanea occidentale non a misura d’uomo; di nessun uomo, sia “normale, equilibrato, sano” e sia “in difficoltà, con disturbi o patologie, soprattutto se di natura psichica”. Tra gli aspetti della società attuale che possono incidere sull’insorgenza e lo sviluppo del fenomeno bullismo segnaliamo:
– crisi della famiglia: i matrimoni hanno spesso conosciuto periodi difficili e fasi critiche, più o meno gravi; ma la soglia dei 7 anni, di cui si parlava qualche anno fa, è ormai lontana4;
– stile di “non-vita” basato sull’eccessivo fare: lavorare, divertirsi, amare, viaggiare…; il fare frenetico svuota le azioni di significato, di passione, di affetto, di valore, e le riduce a contenitori; lascia poco tempo per riflettere, stare soli ripiegandosi su se stessi, studiare, dedicarsi ad attività creativo-artistiche;
– cultura dell’effimero, in netta contrapposizione alla cultura dei secoli scorsi, intesa come linfa vitale di ciascun popolo, il tesoro più prezioso, il segno vivente dell’elaborazione delle precedenti generazioni, il loro contributo spirituale all’umanità intera;
– debolezza dei riferimenti etico-religiosi, ideali, valori. Dufuour, sociologo contemporaneo francese, ha affermato che “tutti i grandi riferimenti del passato” sono utilizzabili attualmente, ma nessuno ha, rispetto agli altri, la forza a l’autorevolezza sufficienti per imporsi a chi cerca punti di riferimento5;
– società consumistica, fondata sulla cultura consumistica, caratterizzata dalla velocità e dallo scarto. Nella scala dei valori della cultura consumistica abbiamo la preminenza della transitorietà, della novità sulla durevolezza; della desiderabilità sull’utilità; dell’appropriazione e dello scarto rapidi sulla maturazione del desiderio dell’“oggetto”, sull’attesa di averlo e sul godimento dello stesso; dell’emarginazione della persona incapace di “stare al passo” con i costanti e rapidi cambiamenti sulla tutela della dignità umana e sulla valorizzazione dell’esperienza e della saggezza.

Ambiente scolastico

Alcune ricerche hanno dimostrato che non esiste correlazione tra la frequenza degli episodi di bullismo e l’ampiezza della scuola, il numero di alunni per classe. Il fenomeno, inoltre, si manifesta con percentuali analoghe tra le scuole delle grandi città e quelle dei centri più piccoli.
Significativamente incidente, invece, sembra essere lo stile educativo dei docenti.
Proposte di linee di intervento

Intervento precoce

Ai primi segnali è necessario intervenire tempestivamente, per poter modificare gli atteggiamenti inadeguati ed evitare che la vittima arrivi manifestare disagi e a sviluppare patologie e il bullo cristallizzi la sua modalità relazionale, che lo pone, rispetto ai coetanei, in una situazione di rischio di emarginazione.

Curare la salute emotivo-affettiva

Forse sarebbe opportuno impegnarsi maggiormente nel “curare la salute”, nel caso del bullismo si tratta principalmente di salute “emotiva e affettiva”, riducendo così i fattori di rischio.
Accanto a quanto già si attua potrebbe essere dato maggiore spazio e continuità all’educazione alle emozioni e ai sentimenti.
Il primo passo è l’alfabetizzazione, cioè il riconoscimento e la comunicazione del vissuto emotivo e affettivo attraverso la parola, il segno, il suono, il gesto, ecc.; si tratta di offrire al bambino la possibilità di scoprire e conoscere il suo mondo affettivo-emotivo e il canale privilegiato di comunicazione.
Non è necessario identificarla come “materia”, “quantificare le ore settimanali”, ma dovrebbe diventare uno “stile educativo”; Fromm scriveva: “Bisogna cambiare le proprie condizioni e questo cambiamento può avvenire solo se la frattura fra l’esperienza emotiva e il pensiero è sostituita da una nuova unità fra mente e cuore”6.
Ma non basta, è necessario intervenire con progetti che coinvolgano contemporaneamente scuola, comunità e società, come emerge dai risultati di un’analisi7 sull’efficacia di interventi attuati in diversi paesi occidentali; i programmi di questi progetti oltre a far conoscere i comportamenti, gli atteggiamenti, gli eventuali disturbi, dovrebbero occuparsi di sviluppare la capacità di cogliere i segnali di disagio e di elaborare risposte empatiche ed adeguate al soggetto8, in un processo continuo di aggiustamento. Certamente non è facile, ma ci sono alcune strade che possono facilitare tale percorso. Ad esempio dovremmo essere capaci di affiancarci e stare accanto al bambino durante il suo sviluppo, facendoci guidare dal bambino che c’è in noi, quello che Pascoli chiamava “Fanciullino”: “È dentro noi un fanciullino […]. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo […] perché […] occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona”.
Altra strada da percorrere è la cultura. La scrittrice Hannan Arendt sosteneva che “la cultura persegue la bellezza”, quindi l’oggetto culturale non è creato perché serve a qualcosa, non soddisfa esigenze; è bello in sé, emozionante, è la via maestra per l’alterità e la trascendenza9.
Tutte le strade porteranno a risultati positivi se permeate dall’amore. Ricordiamo l’amore di Don Bosco, santo che ha dedicato la vita ai giovani “balordi”, abbandonati a se stessi, che vivevano per strada; tra i suoi giovani c’erano sicuramente anche i “bulli”. Don Bosco li amava tutti, si era preoccupato di formarli anche attraverso il lavoro e la disciplina. A chi gli domandava qual era il suo metodo rispondeva: “Amateli questi giovani e mostrate loro di farlo”.
L’amore di cui parla da Platone nel Simposio. La profetessa Diotimia di Mantinea fece notare a Socrate che condivise quanto da Lei espresso, che “l’amore non è amore del bello, […] ma generazione e procreazione del bello”10. Quindi l’amore è desiderio di partecipare al divenire di circostanze, situazioni, momenti, eventi, di crearli passo dopo passo.
L’amore scolpito da un proverbio cinese che nella sua brevità sintetizza intenti, proposte, modi di essere e soprattutto protegge e rafforza la speranza: “L’amore è la chiave principale che apre tutte le porte dell’impossibile”.
L’amore cantato da Giuseppe Ungaretti: “Amore, salute lucente” 13. E ancora: “Il vero amore è come una finestra illuminata in una notte buia. Il vero amore è un quiete accesa”14.

Conclusioni

Da quanto esposto emerge una notevole complessità del fenomeno bullismo, le variabili individuate infatti riguardano la singola persona, l’ambiente familiare e sociale.
Un primo passo potrebbe essere quello di non farci travolgere unicamente dall’urgenza elaborando interventi “tampone” che, come spesso accade, diventano permanenti e col tempo risultano poco efficaci. Credo sia indispensabile percorrere contemporaneamente la strada delineata dall’incontro di oggi. Personalità del mondo della cultura, della religione, della politica, dell’imprenditoria, tutti intorno ad un tavolo con le proprie specificità per confrontarsi, comprendere e progettare. Potrebbe essere utile anche una ricerca che permetta di aggiornare i dati risalenti ormai agli anni ’90 e favorire una teorizzazione più completa del fenomeno.
Il bambino è “patrimonio dell’umanità”, del bambino dovremmo sentirci tutti responsabili, dai più vicini, i familiari, ai più lontani, i politici, in un impegno costante e senza riserve, soprattutto a livello collaborativo.

Dott.ssa Rossella Semplici
Psicologa

Note

1 C. Currie et al., Health Behaviour in School Aged Children (HBSC) Study: International report from the 2001/2002 survey. Health Policy for Children and Adolescents, n. 4, Geneva, WHO 2004.
2 VI Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Eurispes, Roma 2005, p. 321.
3 Cfr. Fonzi A., Il gioco crudele. Studi e ricerche sui correlati psicologici del bullismo, Giunti, Firenze 1999.
4 Cfr. Hogan P., Observer Magazine, 4-7-2004.
5 Cfr. Dufour D.-R., L’Art de réduire les têtes. Sur la nouvelle servitude de l’homme libéré à l’ère du capitalisme total, Denoël, Paris 2003, p. 69.
6 Fromm E., La rivoluzione della speranza, Per costruire una società più umana, Bompiani, Milano 1996, p. 136.
7 Cfr. Strategie antibullismo, in “Psicologia contemporanea” n. 200-2007, Giunti, Firenze, p. 21.
8 Cfr. G. Goleman, L’intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano 1997, pp. 300-301.
9 Cfr. Bauman Z., Vita liquida, op. cit, p. 54.
10 Platone, Simposio, 206d-e, Laterza, Roma-Bari 2003.
13 Ungaretti G., In Inno alla morte contenuta nella raccolta del 1933 “Sentimento del tempo”.
14 Uno degli aforismi del poeta Ungaretti.

Bibliografia

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– AA.VV., La prevenzione del disagio nell’infanzia e nell’adolescenza, Atti e approfondimenti del seminario nazionale, Firenze 24 settembre 2002, Istituto degli Innocenti, Firenze 2004.
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– Sims A., Introduzione alla psicopatologia descrittiva, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004.

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  1. Roberto Ercolani
    8 dicembre 2007 alle 16:27

    La lettura dell’articolo mi ha colpito molto per la sua completezza ed allo stesso tempo la fluidità dei contenuti.
    Forse dovremmo essere più attenti a quello che succede nelle scuole senza però cadere nel sensazionalismo televisivo…
    Complimenti alla redattrice, per aver colto e sottolineato il problema.
    Mi piacerebbe essere informato su eventuali prossime pubblicazioni.
    Cordialmente
    Roberto Ercolani

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