Metànoia

Metanoia

Giampiero Tre Re

Pubblicato per la prima volta in S. Leone – S. Privitera (edd.), Dizionario di bioetica, Acireale-Bologna 1994.

I. STATO DELLA QUESTIONE.

Se nel dibattito attuale il tema della “conversione” ha assunto sempre più un ruolo-cardine1 tuttavia ciò è accaduto dopo un lungo e confuso periodo di gestazione, inaugurato, sulla spinta delle nascenti scienze umane e della psicanalisi, dalla riflessione teologica protestante seguita, nei primi decenni del XX secolo, da quella cattolica2. Quest’ultima, penalizzata da una terminologia equivoca, sulla quale converrà tornare più avanti, in un primo tempo mantenne surrettiziamente divaricate la teologia spirituale e la teologia speculativa della conversione, scivolando così inevitabilmente verso gli aspetti apologetici e controversistici del tema3. Un primo tentativo di reintegrazione del discorso sulla conversione, benché metodologicamente inficiato dalla carenza di fondazione biblica, era stato compiuto a partire dagli anni ‘304; sicché negli anni immediatamente successivi al concilio fu possibile prolungare e portare a compimento linee tematiche già mature5. Vista sotto il duplice aspetto della sua incipienza (conversione come decisione per Cristo) e del suo svolgersi (conversione come storia) la problematica si caratterizza oggi per l’interesse suscitato tra i teologi moralisti6. Senonché neppure la teologia postconciliare è riuscita a colmare l’insufficienza di fondo che pesa sulla riflessione teologica intorno alla metanoia, essendosi rivolta al dato biblico «in funzione di una dottrina (idea) teologica, aprioristicamente determinata»7. L’affermazione è di A. Tosato, il quale in via preliminare osserva che attualmente gli studiosi, rifacendosi al Grande Lessico del Nuovo Testamento 8 tendono a tradurre metanoia con “ritorno”, “conversione”, cambiamento radicale del rapporto uomo-Dio. Egli dimostra senza possibilità di dubbio che questa tendenza nasce da un errore filologico che ha sostituito la radice SÛB (“convertirsi”) a quella, corretta, NHM (“pentirsi”) quale corrispettivo ebraico del termine metanoia usato nella LXX e ripreso nel Nuovo Testamento. Le implicazioni dell’articolo di Tosato vanno al di là di semplici revisioni del metodo fino a rendere legittima la perplessità sull’intero impianto della nostra teologia della conversione. Chi si pone a trattare questo tema oggi deve pertanto da una parte tenere nella giusta considerazione le linee seguite, gli obiettivi e i risultati conseguiti dalla riflessione teologica lungo tutto questo secolo. In particolare la concentrazione cristologica nella fondazione scritturistica del tema. Si dovrà tener conto delle indicazioni scaturenti da una esatta collocazione del tema nell’intero edificio teologico e delle feconde aperture permesse dall’impostazione dinamica che a questo tema dà attualmente soprattutto la teologia morale. Non di meno l’unità del discorso soggiacerà alle esigenze di una corretta metodologia specialmente nella fase di fondazione biblica.

II. RICOGNIZIONE BIBLICA.

1. Area semantica di NiHaM/Metanoia.

Il termine NiHaM ricorre centootto volte nel testo ebraico della Tenak9 e intende indicare l’atto del pentirsi, vale a dire una discontinuità che viene introdotta nella sfera emotiva e cognitiva di colui che si pente in relazione al vissuto o ad una situazione precedente avvertita come cattiva o sbagliata. La versione dei LXX ricorre ad undici vocaboli diversi per rendere in greco la radice NHM10. Tra questi, metanoeo (usato quindici volte) è secondo, in ordine di frequenza, rispetto a parakaleo (usato ben sessanta volte). Nei deuterocanonici metanoia/metanoein occorre ancora sette volte, sempre nel senso, che da allora in poi diverrà “tecnico”, di “pentimento per il peccato”. Il termine metanoein è usato trentatré volte nel Nuovo Testamento e diciannove in forma di sostantivo. Esso vi si trova in un certo numero di casi nel senso tecnico di pentimento del peccato (es. Lc, 15,7; Rm 2,4); quando però la metanoia è contestualizzata kerygmaticamente si tende ad usarla in modo assoluto e ad attribuirle un significato originale, più generale ed ampio che non il semplice pentimento del peccato, anche se conserva delle attinenze con esso (Mt 3,2.8; Mc 1,15; Lc 24,47; At 11,18; 20,21; 26,20). L’opportunità del pentimento e il perdono dei peccati che si può ottenere ha infatti un particolare legame con Gesù (Lc 24,47; At 5,31). L’atteggiamento di metanoia o di disprezzo da parte dell’uditorio sembra riguardare il contenuto stesso del kerygma ed anche il suo portatore (Mt 12,41; Lc 10,16). La metanoia è questione di vita o di morte (Lc 13,3.5); ad essa è condizionata la salvezza futura (Mc 6,12; Lc 10,13). Insomma la metanoia, in senso specificamente neotestamentario, indica la rottura col passato e l’adesione vitale come atteggiamento di risposta del credente al kerygma del Regno.

2. Teologia neotestamentaria della metanoia.

Il kerygma si sviluppa in una tradizione cristologica e si fissa scritturisticamente in una teologia narrata dell’evento-Cristo11. Di fatto la metanoia, già sintesi programmatica di Giovanni il Battista, assurge nel vangelo di Matteo, che la svilupperà nel Discorso della Montagna e nelle parabole del Regno, e più ancora in Marco, a sintesi di tutto il ministero pubblico di Gesù (Mt 4,17; Mc 1,15). Il kairòs che, nell’esordio del vangelo di Marco, Cristo proclama compiuto, dice l’unicità e la definitività dell’occasione che viene offerta. Si tratta pertanto della crucialità del kairòs divino, che è inattesa novità che dev’essere colta “al volo” e senza ripensamenti (Mt 13,44ss; 8,19-22).
L’impatto della conversione dei gentili sulla Chiesa nascente è l’evento che sta alla base dello sviluppo della cristologia riflessiva. Infatti una volta ritenuto significante questo evento dal punto di vista storico-salvifico si rinvenne il punto di inerenza della salvezza universale nella preesistenza del Cristo in quanto struttura della sua proesistenza (Fil 2,6-11; Col 1,13-20; Gv 1,18; 1Gv 1,1-3). A fronte di un disinteresse per il taglio tecnico del temine metanoia la cristologia riflessiva nel rapporto di analogia, che da essa immediatamente scaturisce, tra legge naturale in ordine alle strutture personali create e rispettivamente legge dello Spirito in ordine alla “struttura di redenzione”, pone anche le basi della specificità qualificante della morale cristiana quale vita nello Spirito ed esistenza teologale.
In conclusione la dimensione maturata all’interno della cristologia riflessiva, che legge la metanoia nel quadro dell’esistenza teologale, dev’essere reputata un elemento essenziale accanto alla dimensione kerygmatica, che caratterizza, invece, la cristologia narrativa. La prospettiva “esistenziale”, infine, è ciò che unifica le diverse comprensioni della metanoia offerteci dal NT come medesimo sostrato di diversi intrecci di cristologia e antropologia.

III. METANOIA ED ESISTENZA TEOLOGALE

Dalla nostra ricognizione biblica è emerso che la metanoia è un atteggiamento di fondo che orienta permanentemente l’esistenza del cristiano e la qualifica come “teologale”. Questa esistenza teologale è un aprirsi dell’intelligenza e un volgersi della volontà a Cristo. La metanoia come “compimento” si trasmette ad una tensione verso la perfezione, si traduce nella caratteristica “abbondanza” del Discorso della Montagna e nella parrhesia, la franchezza e la libertà esperienziale nel rapporto con Dio e con gli altri, nella larghezza di vedute, di giudizio e di scelte fino all’eroismo. La metanoia come distacco dal peccato e adesione al kerygma è l’esistenza cristiana che sa di umiltà e di gioia, di fede, di speranza e di amore.
L’accenno a questa prospettiva biografica ci porta ad accostare il nostro tema ad alcuni aspetti menzionati nella teologia morale contemporanea dell’opzione fondamentale12. L’elemento biografico dice infatti storia personale come autorealizzazione, cioè opzione fondamentale in quanto “farsi” della persona nel suo orientamento esistenziale concreto: l’unità esistenziale tra la fede e la sua integrazione nella condotta morale non è che la manifestazione della dimensione ontologica dell’essere “principio di unità” che è l’esser persona nel suo realizzarsi come biografia morale: personalizzazione, integrazione e moralità non sono affatto tre cose diverse. Possiamo allora concludere che la metanoia in quanto espressa nella forza della libertà e nell’istinto morale dell’esistenza teologale è il vero nome della opzione fondamentale del cristiano13.
La metanoia è un percorso determinato di personalizzazione intrapreso dalla persona umana nel realizzarsi come sussistente, cioè nel tornare in sé stessa: Ad essa la persona è naturalmente disposta come al proprio vero bene, il quale, nell’atto di fede, viene riconosciuto, eletto e amato nel “tu” che è Cristo. A partire da questa relazione fondamentale il soggetto si comprende compreso in un orizzonte di senso che è un orizzonte di comunione, di solidarietà, di responsabilità. Nella metanoia la persona esprime un certo grado di forza della libertà che si manifesta nel rovesciamento dell’opzione fondamentale precedente e nel cambio di orizzonte di senso, ma anche nel prolungarsi di questo evento nell’esperienza quotidiana dell’esistenza teologale. Ed è nella metanoia, infine, che, in quanto cominciamento assoluto della persona, il credente fa l’esperienza della rinascita come rifondazione della propria esistenza nel sì a Cristo.

IV. Metanoia e bioetica
La metanoia non si caratterizza dunque per una novità di contenuti o di doveri, ma piuttosto per una novità di senso e di motivazioni che si produce in una modalità creativa nella prassi.
Questo pone qualche problema quando ci domandiamo quali indicazioni concrete per l’agire, ad esempio in campo biomedico, scaturiscano dall’offerta di senso contenuta nella metanoia. Infatti, l’univocità della traslazione sul piano prescrittivo di un orizzonte metaetico, quale la metanoia, non è affatto immediata né garantita a priori. Dobbiamo piuttosto dire che tra la capacità della metanoia, in quanto orizzonte metaetico, di motivare e selezionare comportamenti moralmente creativi, e la capacità, da parte dell’ortoprassi, di esercitare un controllo sull’efficienza dell’orizzonte metaetico di riferimento, si stabilisce una sorta di «circolarità ermeneutica». L’univocità della traduzione normativa si dà solo al termine di un graduale e relativamente lungo processo ermeneutico intersoggettivo e interdisciplinare, nel quale si trovano strettamente integrati l’orizzonte di senso (nel nostro caso la metanoia), l’ortoprassi e la mediazione dell’etica razionale.
Ciò è evidente in modo particolare in un settore, come la bioetica, in cui la velocità con la quale si presentano sempre nuovi interrogativi morali batte sistematicamente sul tempo la nostra capacità di elaborare norme oggettive.
Ma ciò non vuol dire affatto che la coscienza resti del tutto sfornita di orientamenti per l’agire. L’orizzonte metaetico può attivare in certo grado quelle strutture naturali della ragione per mezzo delle quali è possibile anticipare realmente le conclusioni oggettive del giudizio pratico. Attraverso tali strutture, come l’«istinto morale» della ragion pratica, è possibile giungere individualmente o anche come collettività comunicante ad una verità morale soggettivamente certa.
Proprio la storia della bioetica ce ne presenta esempi particolarmente significativi nello sviluppo del giudizio sulle tecnologie della riproduzione e nella polemica sorta attorno allo statuto ontologico dell’embrione umano. Il giudizio morale istintivamente formulato dalla coscienza cristiana su tali questioni, in riferimento alla propria comprensione globale della vita umana e alla propria visione del mondo, venne sempre meglio fondato razionalmente e argomentativamente confermato di pari passo allo sviluppo del dibattito tra le varie estrazioni ideologiche.
Per converso, la stessa comprensione ecclesiale della metanoia è coinvolta in un dinamismo di crescita tanto più accelerato quanto più la coscienza morale avanza in quella decifrazione esistenziale delle esigenze oggettive del bene sempre inclusa in ogni agire umano.

BIBLIOGRAFIA

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1D. MONGILLO, Conversione permanente e ascesi. Riscoperta e rivalutazione del termine, in T. GOFFI (a cura di) Problemi e prospettive di teologia morale, Brescia 1976, 221; cfr. anche Conversione in Dizionario Teologico interdisciplinare, Brescia 1977, vol. 1, 581.
2Cfr. J. STRACHAU, Conversion, in Encyclopaedia of Religion and Ethics, a cura di J. HASTINGS, 1908-26, t. 4, 108; J. MONOD, Conversion, in Encyclopedie des sciences Religieuses, 1878, t. 3, 401-406; R. SEEBERG, Bekerung, in Realencyklopädie für protestantische Theologie und Kirche, fondata da J.J. HERZOG, a cura di A. HAUCK, Leipzig 31896-1913, t. 2, 544-545.
3Cfr. D. MONGILLO, Conversione permanente…, cit., 230-231.
4Cfr. H. PINARD DE LA BOULLAYE, Conversion, in Dictionnaire de Spiritualité ascétique et mystique, Doctrine et Histoire, Paris 1932ss, II, 2224-2265.
5Cfr. Y. CONGAR, La conversion, étude théologique et psycologique, in Parole et Mission, 11 (1960), 493-523; K. RAHNER, Lealtà intellettuale e fede cristiana, in Nuovi Saggi, II, Saggi di spiritualità, tr. it., Roma 1968, 64-91; O. RABUT, Onestà della fede. Ricerca di una spiritualità per il tempo dell’incertezza, tr. it., Brescia 1968.
6Cfr. D. MONGILLO, in Dizionario Teologico Interdisciplinare, cit., 581; B. HÄRING, Liberi e fedeli in Cristo. Teologia morale per preti e laici, tr. it., Roma 19802, vol. 1, 262; K. RAHNER, Conversione, in Enciclopedia Teologica Sacramentum Mundi, tr. it., Brescia 1974, vol. 2, 623.
7A. TOSATO, Per una revisione degli studi sulla metanoia neotestamentaria, in Rivista Biblica Italiana, 23 (1975) 3-46, qui 32.
8J. BEHM – E. WÜRTHWEIN, metanoeo, metanoia, in Grande Lessico del Nuovo Testamento, tr. it., Brescia 1971, vol. VII, 1170-1171.
9Cfr. Konkordantz zum Hebräischen Alten Testament, nach dem von Paul Kahle in der Biblia Hebraica edidit Rudolph Kittel besorgten Masoretischen Text Unter verantwortlicher Mitwikung von Leonard Rost aus gearbeitet und geschrieben von Gerad Lisowwsky, Stuttgart 19812, 918-919.
10Cfr. A Concordance of the Septuagint, compiled by George Morrish giving various readings fron codices vaticanus, alexandrinus, sinaiticus, and ephremi; with an appendix of words fron Origen’s hexapla, etc.; not foud in above manuscripts, Grand Rapids, Michigan s.d.7.
11Cfr. A. GRILLMEIER, Gesù il Cristo nella fede della Chiesa. Dall’età apostolica al concilio di Calcedonia (451), tr. it., Brescia 1982, vol.1, t. 1, 109-115.
12Cfr. K. DEMMER, Opzione fondamentale, in F. COMPAGNONI – G. PIANA – S. PRIVITERA (edd.), Nuovo dizionario di teologia morale, Cinisello Balsamo 19902, 854-861.
13Cfr. D. MONGILLO, in Dizionario Teologico Interdisciplinare, cit., 582.
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