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La santità di Pio XII e la questione ebraica

La dichiarazione di Benedetto XVI circa l’eroicità delle virtù di Pio XII, premessa della beatificazione di quest’ultimo, ha riaperto la polemica tra Santa Sede e comunità ebraica di Roma sul ruolo e l’atteggiamento di Pio XII sulla Shoah. Le posizioni sono note: la storiografia ebraica pone in evidenza le reticenze e forse addirittura l’omertà del Papa sulla deportazione degli ebrei; gli studiosi cattolici oppongono a questa lettura le innumerevoli vite che si salvarono dalla polizia nazista trovando rifugio clandestinamente presso strutture religiose cattoliche ed entro le stesse mura Vaticane.
E’ chiaro dunque che Pio XII sapeva. Direi che è certo anche il giudizio negativo del Papa non solo sulle politiche di Hitler riguardo ai giudei, ma sull’intero nazismo come ideologia anticristiana, nonostante la sua personale propensione a non rompere le relazioni diplomatiche con la Germania del Terzo Reich. E’ sufficiente a dimostrarlo l’enciclica <em>Mit brennender Sorge</em> (1937), scritta dal maestro di Pacelli, Pio XI, mentre il suo successore era Segretario di Stato. La questione si riduce, per i cattolici, a capire le ragioni che convinsero il Pio XII al silenzio, prima tra tutte quella di non poter evitare altrimenti ritorsioni sui cattolici tedeschi ed italiani da parte di Hitler (come accadde, infatti, dopo la pubblicazione dell’enciclica di Pio XI) senza tuttavia la certezza di ottenere benefici per gli ebrei.
L’obiezione che legittimamente può muoversi, per contro, ruota attorno alla valutazione morale delle scelte di Papa Pacelli, visto che nessuna ragione di opportunità politica, poteva essere proporzionata all’enormità dei crimini nazisti. D’altronde, l’altissimo valore morale della stessa <em>Mit brennender Sorge</em> non dipende forse dal fatto che essa fu l’unico documento pubblico di denunzia dei crimini nazisti, da parte di un’autorità internazionale, mentre la dittatura era in corso? Ed è moralmente accettabile tutelare l’incolumità di una comunità religiosa a spese di un’altra, consentendo ai nazisti, sia pure probabilisticamente ed indirettamente, di proseguire indisturbati nel loro crimine di genocidio?
Anche se, com’è stato opportunamente annunciato dalla Santa Sede e dai responsabili della comunità ebraica di Roma, si aprissero gli archivi segreti e si sottoponesse la questione ad una commissione congiunta di studiosi graditi ad entrambe le parti, difficilmente la questione morale legata ai fatti potrebbe essere risolta grazie a un’indagine storica. Perciò è facile prevedere che anche la recentissima nota vaticana con la quale si replica alle autorità religiose ebraiche che la beatificazione di Pio XII non è un atto ostile contro gli ebrei, ma si basa solo sulla valutazione delle virtù morali e teologali di Pacelli, non potrà soddisfare la controparte. E’ impossibile affermare che la santità valga solo per un gruppo e non in nome e per conto dell’intera umanità. Anche da un punto di vista strettamente teologico, infatti, è difficile ammettere che la santità possa instaurarsi entro una cornice di responsabilità storiche in qualche modo difettosa da un punto di vista etico, o avere un’estensione inferiore all’universalismo della moralità naturale.
E’ positivo, per converso che la nota ignori il triviale argomento di chi invita, nemmeno troppo velatamente, le autorità religiose ebraiche a non mettere becco in questioni interne di un’altra religione, come il processo di beatificazione di un Papa. Si ammette, invece, nel silenzio su questo specifico punto, che la comunità ebraica ha voce in capitolo ed è un interlocutore legittimo della Chiesa cattolica in questo tipo di questioni.
Agostino d’Ippona sostiene, per spiegare la sopravvivenza di Israele anche nella nuova economia salvifica, che Israele è destinato ad essere, suo malgrado, testimone vivente della genuinità della lettura cristiana delle Sacre Scritture. Questa dottrinaè suscettibile di un’interpretazione meno malevola di quanto forse non sia nella mente del suo stesso autore. Il conflitto sulla santità di papa Pacelli riveste una grandissima importanza ecumenica perché testimonia la continuità di una stessa memoria che lega le due comunità a reciproci doveri di custodia nel secolare percorso che va conducendo ebraismo e cattolicesimo a riconoscersi per ciò che sono, due esperienze di Dio dentro un’unica storia.

  1. Fabio
    23 dicembre 2009 alle 23:19

    Mi sembra opportuno non avere nessuna fretta su questo tema e attendere che il massimo delle informazioni disponibili sia accessibile per tratteggiare con la massima precisione possibile la figura di papa Pacelli. Di fronte al male assoluto che rappresenta l’olocausto non si può che essere infinitamente attenti, soprattutto da parte del mondo cattolico che, pur senza sostenere apertamente l’ideologia nazista, deve ammettere più di qualche torto verso il popolo ebraico. Non a caso Giovanni Paolo II ha voluto giustamente ammettere questi errori e chiedere perdono.
    Premesso tutto questo vorrei proporre una provocazione: non c’è il rischio che il trattamento riservato a Pio XII rappresenti – almeno per qualcuno – l’esigenza, umanissima ma discutibile, di trovare una sorta di catalizzatore, una figura simbolo su cui proiettare la responsabilità della generale debolezza delle reazioni verso la persecuzione degli ebrei? Questo anche al prezzo di forzature e interpretazioni più o meno dimostrabili circa le intime intenzioni di papa Pacelli, la cui santità – giustamente – è tutta da dimostrare esaminando ogni prova possibile, ma di cui sarebbe altrettanto ingiusto affermare, senza conoscere in modo completo i documenti disponibili, la colpa gravissima di non aver voluto contrastare le persecuzioni.
    Concordo con te Giampiero quando sostieni l’importanza che la considerazione di fatto riconosciuta alle osservazioni provenienti dalle autorità religiose ebraiche – mi pare piuttosto aperte e rispettose – rappresenti una novità estremamente positiva.

  2. Marco
    24 dicembre 2009 alle 11:47

    La saggezza di Pio XII ha salvato tantissime vite umane, gridare ai 4 venti non è l’unico modo di agire.

    Quando Pio XII faceva nascondere gli ebrei in convento

    http://www.zenit.org/article-18226?l=italian

  3. Marco
  4. Marco
  5. Sebastian
    24 dicembre 2009 alle 15:03

    Beh certo, la Chiesa cattolica non si schierò apertamente con l’ideologia nazista, ma forse qualche vescovo si. Non so qual sia la differenza! Ma del resto non me ne intendo molto. Va a spiegare queste foto e, non è mica l’unica!

    Ma poi i nazisti, non erano cristiani battezzati?

    Nazis

  6. 24 dicembre 2009 alle 16:22

    E’ un po’ sempre la stessa foto: l’avrò vista mille volte, praticamente ogni volta che si tocca questo tasto, insieme a quell’altra di ministri cattolici che benedicono le bandiere naziste. Lo stesso Pacelli, Segretario di Stato dal 1929 – e prima ancora, durante la Repubblica di Weimar, nunzio apostolico di tutta la Germania, con sede a Berlino (dal 1920) – fu il firmatario per la Santa Sede del concordato col Reich di Hitler (1933). Ma Pacelli fu un convinto assertore della politica concordataria. Fu l’artefice di diversi di essi, prima della guerra (Serbia, Baden, Austria, Jugoslavia) mentre il fratello Francesco, che aveva seguito le orme paterne divenendo avvocato ecclesiastico, fu uno dei maggiori referenti della Santa Sedi per il concordato con l’Italia in pieno fascismo (1929).

    • Sebastian
      24 dicembre 2009 alle 17:04

      Che tu abbia visto la foto 1000 volte mi spiace… la prossima volta, magari, ti faccio sapere prima di pubblicare qualcosa 😉
      Scusa, ma da quel che dici, non capisco bene una cosa. Vedi il concordato un successo per Pacelli?

  7. 24 dicembre 2009 alle 16:53

    @Marco,
    Pacelli è storicamente una figura assai complessa. Qui non si dice che non fece personalmente nulla per gli ebrei romani, ma si discute se per caso non venne meno alle sue responsabilità verso gli ebrei nella sua qualità di Pastore universale. Pacelli, infatti, incarnò una certa cattolicità romana praticamente fin dalla nascita. Rampollo di una nobile famiglia di Roma, era figlio di un avvocato della Sacra Rota. Si formò in quella vera e propria fucina della gerarchia ecclesiastica che fu (è) il Collegio Capranica, in cui entrò all’età di soli dieci anni. Fresco di ordinazione presbiterale fu segretario del Card. Gasparri, futuro Segretario di Stato e padre dei Patti Lateranensi. Studiò teologia con i gesuiti, alla Gregoriana, che era allora la roccaforte del neotomismo. Dico questo perché penso che Pacelli fosse tomista, cioè teleologista non solo in morale (cosa che spiega la sua “modernità” su questioni come l’eutanasia o la contraccezione) ma anche in politica. In altri termini lasciava che a guidare le sue azioni non fosse l’astratta considerazione dell’atto in sé, ma il suo fine ultimo. Penso dunque che egli fosse uno specialista di teoremi teologico-morali come il duplice effetto e padroneggiasse dottrine come la restrictio mentalis e il probabilismo e che li applicasse nella sua attività diplomatica, anche da pontefice. Insomma, le obiezioni dei teologi giudei sulla santità di Pio XII mettono in discussione in realtà non una singola persona, ma tutto un modo d’essere del cattolicesimo di quel periodo, un modo d’essere di cui chiedono che sia presa coscienza dalla Chiesa di oggi, affinché ce lo si possa definitivamente mettere alle spalle.

    • Marco
      24 dicembre 2009 alle 17:55

      @ Giampiero Tre Re,

      Il Nazismo ha perseguitato il Cristianesimo, anche se non così duramente come l’Ebraismo (per il quale la persecuzione era fondata su una base razziale più che religiosa). Lo scontro tra Chiesa e Nazismo, appena dissimulato dal concordato tra Santa Sede e Terzo Reich del 20 luglio 1933, diventò sempre più aperto e frontale. Pio XI nell’enciclica “Mit brennender Sorge” (“Con bruciante preoccupazione”) del 1937 aveva dichiarato l’inconciliabilità della fede cristiana con la divinizzazione della razza germanica, del popolo tedesco e del Führer. E così, se la “soluzione finale” nei confronti degli Ebrei ebbe per i Nazisti una priorità rispetto al trattamento da riservare alla Chiesa, l’eliminazione di questa era “l’ultimo grande compito” che Hitler si riservava per il dopoguerra (come sappiamo dalle registrazioni di Bormann).

      Già nel giugno 1934 in Germania era cominciata l’eliminazione fisica di membri della Chiesa distintisi per la loro opposizione al nazismo come Erich Klausener, Adalbert Probst, Fritz Beck e Fritz Gerlich. Le persecuzioni, gli arresti, le condanne a morte, le deportazioni in campo di concentramento dei cristiani continuarono con inusitata violenza distruttrice fino alla fine del regime nel maggio 1945. Giovanni Paolo II, citando Jakob Gapp, concordava con lui nel vedere in questa contrapposizione tra Cristianesimo e Nazismo un’espressione visibile della lotta apocalittica tra Dio e Satana. Padre Jakob Gapp, religioso austriaco, fu ghigliottinato dai nazisti il 13 agosto 1943.

      Col dilagare della II guerra mondiale e le occupazioni naziste morì per mano dei tedeschi anche un grande numero di preti, suore e religiosi. Diversi sacerdoti sono stati deportati e uccisi nei campi di concentramento: il più famoso di questi è san Massimiliano Kolbe.A Buchenwald il sacerdote austriaco Otto Neururer, per aver battezzato un prigioniero, venne sospeso a testa in giù a una trave finché, dopo due giorni di agonia, morì (30 maggio 1940). A Mauthausen padre Edmund Kalas, polacco, aveva allontanato una guardia tedesca da un prigioniero che stava uccidendo a calci; la reazione fu feroce: il sacerdote venne fatto lapidare dagli stessi prigionieri (7 giugno 1943). Durante l’occupazione nazista di Roma (1943-1944), lo stesso papa Pio XII fu a rischio di essere deportato: è stato reso noto in seguito che egli aveva firmato una lettera di dimissioni, da rendere operative qualora fosse stato arrestato.

      http://it.wikipedia.org/wiki/Persecuzione_dei_cristiani

  8. Marco
    24 dicembre 2009 alle 17:20

    @ Sebastian

    Possibilmente quei vescovi sono stati presi dalla paura come lo fu Pietro quando i soldati hanno arrestato Gesù, non possiamo saperlo.

    Dal Vangelo secondo Luca. 22, 54-62

    Dopo aver catturato Gesù, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: « Anche questi era con lui ». Ma egli negò dicendo: « O donna, non lo conosco! ». Poco dopo un altro lo vide e disse: « Anche tu sei uno di loro! ». Ma Pietro rispose: « O uomo, non lo sono! ». Passata circa un’ora, un altro insisteva: « In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo ». Ma Pietro disse: « O uomo, non so quello che dici ». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò . Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: « Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte ». E, uscito fuori, pianse amaramente

  9. 24 dicembre 2009 alle 17:40

    Caro Fabio,
    quando lanci la tua provocazione: «non c’è il rischio che il trattamento riservato a Pio XII rappresenti – almeno per qualcuno – l’esigenza, umanissima ma discutibile, di trovare una sorta di catalizzatore, una figura simbolo su cui proiettare la responsabilità della generale debolezza delle reazioni verso la persecuzione degli ebrei?», la capisco perfettamente e la condivido in gran parte.
    Sulla Shoah, Pio XII non fu l’unico a sapere e tacere. Gli alleati sapevano, i sovietici sapevano, la Croce Rossa sapeva, le massime autorità sioniste sapevano. Ma i motivi del silenzio non furono gli stessi.
    La “soluzione finale” fu l’ultimo atto di una guerra parallela che Hitler condusse personalmente contro gli ebrei e che, a differenza dell’altra, fino all’ultimo fu convinto di poter vincere. Fu una guerra dai costi altissimi e che distoglieva enormi risorse dal conflitto militare vero e proprio. Solo un esempio: Hannah Arendt nel suo saggio La banalità del male cita due episodi. Himmler nel 1942 cercò di vendere abusivamente numerosi permessi di espatrio agli ebrei per una cifra pari al fabbisogno del reclutamento di un’intera divisione di SS, mentre nel 1944 Eichmann partecipò all’operazione “sangue in cambio di merci”, cercando di barattare con gli alleati un milione di ebrei in cambio di 10000 autocarri da destinare all’esercito ormai in rotta, ottenendo da loro un rifiuto.
    Il silenzio e le omissioni delle potenze Alleate possono spiegarsi così con l’interesse che Hitler continuasse ad indebolirsi militarmente destinando enormi risorse all'”altra” guerra, lo sterminio degli ebrei.
    Nel caso di Pio XII l’interesse non poteva evidentemente essere lo stesso, ma poteva essere solo di natura “politica”.

  10. Marco
    24 dicembre 2009 alle 17:41

    @ Sebastian,

    Il battezzato ha il dovere di difendere Cristo e la Verità anche difronte il timore di chi è guida della propria comunità.

    Sappiamo se qualcuno è intervenuto per correggere i chierici
    della foto?

    1868 Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo:

    — prendendovi parte direttamente e volontariamente;
    — comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli;
    — non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo;
    — proteggendo coloro che commettono il male.

    1869 Così il peccato rende gli uomini complici gli uni degli altri e fa regnare tra di loro la concupiscenza, la violenza e l’ingiustizia. I peccati sono all’origine di situazioni sociali e di istituzioni contrarie alla bontà divina. Le « strutture di peccato » sono espressione ed effetto dei peccati personali. Inducono le loro vittime a commettere, a loro volta, il male. In un senso analogico esse costituiscono un « peccato sociale ». 129

    http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s1c1a8_it.htm

    • Sebastian
      24 dicembre 2009 alle 20:51

      Si certo. Grazie della segnalazione.

  11. 24 dicembre 2009 alle 18:24

    @Marco, su persecuzioni naziste ai cattolici:
    Dunque è certissimo che il papa non poteva non sapere. Allora: quali le ragioni del suo silenzio? Sono moralmente e teologicamente giustificabili?

    Sulla paura: direi di no. Se non vado errato quelle immagini immesse da Sebastian ritraggono prelati austriaci prima dell’annessione alla Germania.

    @Seb., Scusa non volevo dire che mi secca rivedere quelle immagini ma solo che come si dice un’immagine dice più di 1000 parole. Ma non sempre dice meglio. Una data è una biografia a volte spiega meglio un fatto.
    Sul concordato dico solo che Patelli fu il padre dell’idea che la pace sociale tra stato e chiesa è il presupposto irrinunciabile della prosperità dell’evangelizzazione. E che questa pace si potesse ottenere con i concordati.
    Un’idea, alla luce dei fatti, piuttosto dubbia.

    • Sebastian
      24 dicembre 2009 alle 20:50

      @ Giampiero

      Ma non scusarti, figurati!
      Sono daccordo quando dici che un’immagine non è vangelo. Ma le biografie sono anche loro, spesso condizionate da chi le produce, facendo si, che assumano identico peso di un’immagine che non dice tutto.
      Pacelli secondo me ebbe paura. Umana paura e perdita del controllo.

      A don Pirro Scavizzi, un cappellano italiano che girava per l’Europa a raccogliere notizie dei profughi e dei perseguitati confidò:
      “Dica a tutti che, più volte, avevo pensato a fulminare con scomunica il nazismo, a denunciare al mondo civile la bestialità dello sterminio degli ebrei […]. Dopo molte lacrime e molte preghiere, ho giudicato che la mia protesta non solo non avrebbe giovato a nessuno, ma avrebbe suscitato le ire più feroci contro gli ebrei e moltiplicato gli atti di crudeltà perché sono indifesi. Forse, la mia protesta solenne avrebbe procurato a me una lode del mondo civile, ma avrebbe procurato ai poveri ebrei una persecuzione anche più implacabile di quella che soffrono”.

      Ora dico, ma peggio di quello che hanno sofferto, gli ebrei, che cosa dovevano soffrire? Tanto valeva segnare un gesto di coraggio e netta posizione pubblica.

  12. Marco
    24 dicembre 2009 alle 19:45

    @ Giampiero Tre Re,

    una linea diplomatica più aggressiva di Pio XII quante perdite, in termini di vite umane, avrebbe causato? Ovviamente maggiore.
    Per non parlare delle torture e delle sofferenze.

    Penso che bisogna analizzare il pensiero di Pio XII entro il contesto tragico in cui si trovava, proteggere più indifesi possibili.

    Per il resto non mi sento di giudicarlo.

  13. Marco
    24 dicembre 2009 alle 19:53

    @ Giampiero Tre Re,

    “Sul concordato dico solo che Patelli fu il padre dell’idea che la pace sociale tra stato e chiesa è il presupposto irrinunciabile della prosperità dell’evangelizzazione”

    Perchè non condividi?

    forse pensi che la libertà di culto sia sufficiente?

    Neanch’io ti so rispondere.

  14. 25 dicembre 2009 alle 10:01

    Anche se qui parliamo di un giudizio morale su Pio XII come pontefice, e non solo di un giudizio storico su una qualsiasi figura pubblica, stiamo giudicando le politiche del Vaticano di quell’epoca e di una certa classe dirigente, non la Chiesa stessa, né la coscienza interna dell’uomo Pacelli, io credo.

    Sarebbe stato comunque inutile? Qui sarei più cauto. Arendt riferisce nel suo saggio già citato che squadre di ebrei non solo parteciparono ma collaborarono ai rastrellamenti nei ghetti, come si vede anche nel film “il pianista” di Roman Polanski. Caratteristica dei regimi totalitari è che si presentano come uno “Stato etico” che pretende di stabilire la misura del bene e del male. Chi collaborava in un modo qualsiasi allo sterminio non solo non lo faceva spinto dalla paura o senza alcuna coscienza, ma con la convinzione pregiudiziale di fare una cosa giusta. La Shoah non avrebbe potuto avere le proporzioni che ebbe senza questa convinta partecipazione collettiva, che fu sentimentale e morale.
    Perciò la parola del papa poteva essere utile a richiamare le coscienze. Può servire ricordare che le poche resistenze a Hitler vennero da pubbliche manifestazioni di obiezione di coscienza di ispirazione religiosa.
    About concordato. La riserva critica sull’assoluto mondano come idolatrico sostituto salvifico è un pilastro essenziale del giudeo cristianesimo. Il concordato è solo uno strumento. La credibilità del Vangelo non può essere affidata ad un atto giuridico. Di fatto, tranne singole esperienze, sporadiche anche se numerose, i cattolici lasciarono soli gli ebrei a testimoniare che vi è un solo Dio, e che questo Dio non è lo Stato.

    @Seb.
    Il documento è indubbiamente interessante, ma va valutato storiograficamente. Non lo conoscevo. Chi fu esattamente questo sacerdote, don Pirro?
    Non mi sembra tuttavia che si possa dedurre che Pio XII avesse paura.

    • Sebastian
      25 dicembre 2009 alle 10:20

      Sul documento fornisco maggiori dettagli più tardi, naturalmente.

      La paura, comunemente detta fifa, è una mia semplice deduzione, ovviamente. Alcuni indizi però, mi inducono a pensar questo. Primo tra tutti vedo una personalità fragile dell’individuo. Un coniglietto bagnato ed impaurito, direi. Poi, un atteggiamento eccessivamente conservativo in un momento in cui, al contrario, doveva venir fuori pubblicamente e con enfasi tutta la potestà di un Sommo Pontefice di fronte ad atti estremamente gravi che non coinvolgevano solo gli ebrei. In ultimo, ma non per questo privo di importanza teologica, il tentativo, da parte del pontefice di esorcizzare in distanza e in privato, Hitler, poichè giudicato di probabile possessione demoniaca. Ecco, preferiva tenersi a distanza e coronarsi dei comportamenti eroici dei singoli religiosi in seno alla Chiesa stessa. Insomma, un fantastico “armiamoci e partite”.

  1. 24 dicembre 2009 alle 15:00

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